
Fare satira sta diventando il lavoro più difficile del mondo. Ogni giorno lo scarto concettuale tra realtà ed esasperazione si assottiglia sempre più, inghiottito dalle consuetudini drogate di una vita iperconnessa. Il ridicolo è sempre più palese, sempre meno bisognoso di leve comiche a sollevarne l’assurdità, e la satira è sotto attacco costante: politici, giornalisti, social media manager vengono nel nostro territorio, rubano i nostri paradossi, stuprano le nostre iperboli, ma dove diavolo sono i conservatori quando servono?
E allora se non puoi sconfiggerli confondili, diceva quello.
Mi appresto perciò con grande orgoglio a inaugurare la prima edizione dei Plautocrazia SatirAwards, kermesse dedicata alla satira involontaria e a tutto ciò che è uscito dalle sceneggiature di Villaggio e Monicelli per venire ad abitare sul vostro pianerottolo! Performer inconsapevoli, scelte comunicative psichedeliche, racconti di vita vissuta per finta, riflessi pavloviani e altre psicopatie inconsciamente comiche verranno premiate, categoria per categoria, in base all’insindacabile giudizio del sottoscritto – per l’occasione interpretato da Pierfrancesco Favino – con l’ambitissimo Batrace D’Oro, omaggio a Re Gonfiagote.
Il materiale, come potete immaginare, è sovrabbondante. È quindi impossibile pensare ad una premiazione annuale che comprenda l’intero arco della satira involontaria degli ultimi 12 mesi, e io ho un brasato sul fuoco che rende il tempo ancora più tiranno. I SatirAwards saranno perciò necessariamente tematici e a cadenza irregolare; per l’edizione inaugurale ci concentreremo sulle sole performance relative al referendum appena passato, dalle settimane precedenti al voto fino al misero risultato finale con reazioni annesse.
Prima di iniziare con le premiazioni, un’ultima doverosa precisazione: in questa particolare kermesse non sono i partecipanti ad essere inseriti in categorie prestabilite, non ci sono liste di candidati che si somigliano e soprattutto non c’è Will Smith in platea. Sono le categorie, al contrario, ad essere ritagliate intorno alle performance meritevoli del Batrace. Insomma, esattamente come la satira, i SatirAwards premiano, categorizzano, e fanno il cazzo che li pare. Andiamo a cominciare.
Plautocrazia SatirAwards – Giugno 2025
Categoria Art Attack
Consegna la statuetta Il Capo
Per la categoria Art Attack, vince il primo Batrace D’Oro… Riccardo Magi! La sua esibizione in parlamento travestito da fantasma non è servita a nulla, naturalmente, ma gli ex bambini cresciuti con Muciaccia non possono non aver apprezzato il dettaglio del contorno occhi realizzato con pennarello atossico e la perizia nell’uso delle forbici dalla punta arrotondata per ritagliare i buchi sul corredo buono di mamma. Un attacco d’arte degno del grande Neil.
In rappresentanza di Magi, ritira il premio Sir Simon di Canterville.

Categoria Miglior sceneggiatura originale
Consegna la statuetta Red Ronnie
È il momento della categoria Miglior sceneggiatura originale (sì, l’abbiamo copiata dagli oscar, e quindi?). Nonostante l’agguerrita concorrenza messa in campo dai fantasiosi narratori di minchiate sui social, rimane saldamente in testa e vince il Batrace D’Oro… Marcello Crescentini! Allievo di Quentin Inventino, e già autore di best seller su imprenditoria gutturale e fotografia distopica, il Crescentini regala stavolta la narrazione asciutta, quasi ermetica, di una storia nata per caso facendo colazione con la grappa. In bilico tra Ungaretti e Briatore, il sempre lucido Crescentini offre al lettore un compendio di tutti i fallimenti della scuola dell’obbligo e della legge Basaglia.
Ritira il premio il suo avvocato, distribuendo querele ai passanti.

Categoria Satira d’impatto
Consegna la statuetta l’inquisizione spagnola
Dopo le visioni mistiche del Crescentini, passiamo a una categoria strettamente tecnica, ma ugualmente meritevole. Il Batrace D’Oro per la categoria Satira d’impatto va a… La Stampa! Nel racconto in tempo reale del voto, unendo la frenesia da breaking news con il bisogno di engagement sui social, La Stampa titola sui numeri bassi dell’affluenza apponendo in primo piano l’immagine della premier al seggio, ovvero l’unica persona che è entrata al seggio senza fare affluenza. Un tocco di classe di cui gli amanti dei sottintesi e del nonsense avevano davvero bisogno, ora che Adinolfi è impegnato in Honduras.
Ritira il premio Giorgia Meloni. Anzi no, dà solo un’occhiata.

Categoria Miglior performance visiva
Consegna la statuetta Marina Abramovich
Rimaniamo ora sui binari dell’incoerenza testo-immagine per la prossima categoria: vince il Batrace D’Oro per la Miglior performance visiva… Forza Italia! Nella miriade dei post social di chi sosteneva l’astensionismo invitando ad andare al mare, forse sentendosi coinvolti nella metafora marittima in quanto eredi di chi iniziò cantando sulle navi, i forzisti optano per un’ironia carpiata in cui il testo non può fare a meno dell’immagine e viceversa. Sembra un post come tutti gli altri, ma il diavolo sta come sempre nei dettagli: c’è l’allusione al fatto di aver evitato i seggi, sì, c’è il richiamo al mare, certo, ma soprattutto quella è l’immagine di una piscina. Eccolo, il guizzo del fu barzellettiere che vale la statuetta!
Ritira il premio la nipote di Mubarak.

Categoria Identità e radici
Consegna il premio lo spettro del comunismo
Nella categoria Identità e radici, il Batrace D’Oro va per ampio distacco alla sinistra! Di fronte all’indiscutibile fallimento del referendum, Schlein e gli altri non hanno perso tempo e – con un magistrale paradosso collettivo – hanno serrato le fila compattando le opposizioni su una linea comune. Come dite? Sembrano divisi e impegnati a dire tutto e il contrario di tutto, valutando i numeri ognuno a modo suo? Appunto! È così che da sempre gli elettori di sinistra si riconoscono tra loro: discordando. Come recita un antico adagio emiliano-romagnolo: Uno da solo fa casino, due si litìgano, tre fanno un partito.
Ritira il premio chi riesce a intestarsi le primarie del 2038. O in alternativa, chi ha più nonni partigiani.

Last but not least, è il momento della performance che più ha brillato nella buia prevedibilità del quotidiano. L’esibizione di satira involontaria che – sarò sincero – è stata la scintilla decisiva per la nascita di questa kermesse. Permettetemi una piccola divagazione per introdurre al meglio il vincitore della prossima categoria con un adattamento di un celebre monologo cinematografico:
Ogni numero di magia è composto da tre parti, o atti. La prima parte è chiamata “la promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino o una tessera elettorale. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare che sia davvero reale… Sì, inalterato, normale. Ma, ovviamente, è probabile che non lo sia. Il secondo atto è chiamato “la svolta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto… ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Ma ancora non applaudite. Perché avere una tessera elettorale completamente timbrata non è sufficiente; bisogna anche portarla al seggio il giorno della votazione e farsi dire “La tessera è esaurita, lei non può votare”. Ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “il prestigio”.
Categoria Miglior gioco di prestigio
Consegna la statuetta il Mago Gabriel
Per la categoria Miglior gioco di prestigio, signore e signori, il Batrace D’Oro più meritato di questa prima edizione dei SatirAwards va a… Carlo Calenda!
La sua performance al seggio non è solo geniale in senso monicelliano; non è solo attorialmente ben eseguita; è machiavellica nella sua progettualità. La tessera elettorale esaurita non te la puoi inventare dall’oggi al domani, non puoi chiedere aiuto all’AI, non puoi fartela timbrare dal social media manager. Con una dedizione degna di Copperfield, Calenda preparava il suo numero migliore da 18 votazioni, intasando quella tessera un timbro alla volta per più di 20 anni, fino all’esibizione finale.
Piccola nota di demerito: non ha detto “Sim Salabim”; ma è un’inezia che non può intaccare l’eccezionale satira situazionista di un professionista magistrale.
Ritira il premio Carlo Calenda. Sempre che non gli sia scaduta la carta d’identità.

Ed eccoci giunti alla conclusione della prima edizione dei SatirAwards. È stato un lungo viaggio e vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la nascita di questo ennesimo premio di cui nessuno sentiva il bisogno: la politica, in primis, che da anni ha abbandonato i valori di Montesquieu per abbracciare quelli del geometra Calboni; il giornalismo tutto, impegnato H24 a raschiare il fondo di quel barile d’anguille che sono gli algoritmi social; Pierfrancesco Favino, che con grande abnegazione si è offerto di interpretare il mio ruolo dopo che Beppe Fiorello l’aveva rifiutato bloccandomi su WhatsApp; e infine voi, che forse avete riso o forse no, forse sanguinate ancora dalla ferita del quorum non raggiunto, forse state esultando con la sabbia nelle mutande, forse state pregando per il rinnovo di un contratto a termine, forse state delocalizzando in Uzbekistan per festeggiare, o forse ancora avete contattato l’avvocato di Crescentini per mandarmi una querela su carta igienica intestata; ed è in queste piccole reazioni tutte diverse che, resistendo alle bordate della realtà, sopravvive la satira. Arrivederci alla prossima edizione!
Tu non hai mai capito… perché lo facevamo. Il pubblico conosce la verità. Il mondo è semplice, miserabile, solido, del tutto reale. Ma se riuscivi a ingannarli anche per un secondo, allora potevi sorprenderli. E allora… allora riuscivi a vedere qualcosa di molto speciale. Davvero non lo sai? Era quel… quello sguardo sui loro volti






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