TafFazio

La retorica a forma di sospensorio e la nostalgia per Walter Veltroni

A volte sento la mancanza di Walter Veltroni; non come leader politico – se mai c’è stato un momento in cui qualcuno l’ha considerato tale – ma come intellettuale. Ora non ridete, Veltroni è un signor intellettuale di cui vi siete fatti una brutta idea per quella parentesi politica che non gli ha reso giustizia: troppo brav’uomo per sfruttare la parte lercia del mestiere della politica, troppo astratto per fare da contraltare a una destra spaccona, troppo naïf per convincere le masse – ve la ricordate quell’idea dadaista di non nominare mai Berlusconi in campagna elettorale? – insomma, un sognatore.

Mi manca Veltroni soprattutto quando guardo la TV, di cui il buon Walter è profondo conoscitore, e ancor di più in questo periodo in cui la televisione pubblica è in pieno trambusto da riassegnazione dei palinsesti in funzione della nuova dirigenza. Sono settimane convulse e piene di toto-nomi, previsioni, riesumazioni, dichiarazioni, licenziamenti e porte sbattute, e ovviamente tra le porte sbattute quella più grossa porta il nome di Fabio Fazio, che domenica scorsa ha presentato l’ultima puntata di Che tempo che fa, condendola di quella tipica retorica dell’addio imposto e di frecciate di varia portata nascoste dietro una cortina di amore incondizionato per la Rai e una dedizione al pluralismo a cui solo chi non ha mai risolto il Quesito con la Susi della Settimana Enigmistica potrebbe credere fermamente.

Mi manca Veltroni perché so che è grazie a lui che la televisione, e successivamente l’Accademia della Crusca, hanno potuto adottare e amare (vi sfido a trovare un italiano a cui non piaccia) il personaggio di Tafazzi. È una storia un po’ curiosa che Aldo Giovanni e Giacomo hanno raccontato in alcune interviste: Il personaggio di Tafazzi ha un’evoluzione lunga diversi anni, ma dopo aver debuttato a Cielito Lindo, esplose in quella gabbia di geni che era Mai dire Gol anche se, dopo la prima volta di Tafazzi con la Gialappa’s, gli stessi Aldo Giovanni e Giacomo erano convinti di essersi giocati male il personaggio e che forse avrebbe fatto la fine ingloriosa di altri esperimenti (roba d’altri tempi le trasmissioni che sperimentavano, lo so). Fu proprio San Walter a risolvere tutto chiamandoli quella stessa sera con toni entusiastici per dir loro che Tafazzi non solo era un personaggio eccezionale, la sintesi dello zero comico, ma era la miglior metafora della sinistra.

Ho pensato spesso in questi giorni (e in particolare domenica) a quel “Tafazzi metafora della sinistra”, che detto così ha già parecchio senso, ma non sono le parole di un Porro o di un Feltri, che avrebbero tutt’altro peso e tutt’altra intenzione; quella telefonata capitò nel 1995, quando Veltroni era già da qualche anno direttore de L’Unità – mica il Corrierino dei piccoli balilla – e questo conferisce alla frase un tono estremamente diverso. Un tono intellettuale, appunto, quel termine tanto bistrattato che non significa soltanto avere una cultura vasta e in alcuni casi per pochi, ma anche saperla usare, tutta questa solida cultura, per parlare della realtà senza paura di ammettere dei difetti, ché tanto si vedono comunque e negarli o glissare serve solo a fare la figura degli imbecilli.

Al netto della devastante stupidità di far perdere alla TV pubblica un pezzo da novanta come Fazio – sì, lo so, voi conoscete almeno 10 conduttori migliori e le interviste il vostro falegname con trentamila lire le faceva meglio, però intanto il Papa, Gorbaciov e Woody Allen hanno risposto a Fazio; forse non avevano il vostro numero di telefono – è innegabile che in Rai ci si sia sempre giocati la carta politica per tenere o far fuori questo o quel personaggio che fa domande scomode, battute sapide, inchieste coraggiose o anche solo che si è trombato di nascosto la moglie di un senatore. È innegabile che le simpatie di un partito o una parte politica abbiano sempre avuto il loro peso nei palinsesti, come è innegabile che schierarsi politicamente porta ascolti su Rai 3 quanto su Rete 4, e forse non fingersi stupiti di tutto ciò sarebbe il miglior modo per distinguersi da una destra ridicola invece che offrirle il fianco.

Il fatto che questo governo sia talmente a corto di contenuti che, pur di far mantenere l’erezione ai propri elettori ed evitare che il sangue affluisca al cervello, si riduce a sventolare con orgoglio e la testa di uno che non fa una domanda scomoda da 30 anni (e così facendo faceva entrare soldi a secchiate nelle casse della Rai) è un punto che dovrebbe essere centrale nella discussione, ma che finisce per essere diluito in mezzo a quelle frasette da Baci Perugina che domenica tutti, dalla Littizzetto fino – ahimè – a Michele Serra, hanno snocciolato raccontando di quanto tenevano alla pluralità, di quanto pura fosse la loro passione per la democrazia e che non è mica per il loro contratto, macchè, è per una quesitone di principio, per i posteri, per i giovani che sono il nostro futuro e tutte quelle cose che se non sei Giacomo Poretti o Walter Veltroni non sai sintetizzare in un tizio che si tira bottigliate dove non batte il sole.

Quanto sarebbe stato adulto se Fazio avesse presentato l’ultima puntata come se fosse una puntata qualsiasi? Quanto sarebbe stato intellettuale se non si fosse prestato a dare il contentino a quelli della sinistra di Twitter che quando c’è da sostenere un partito alle elezioni hanno tutti judo, ma quando c’è da condividere i video delle frecciate alla Meloni sono più solerti degli alpini? Quanto controcorrente sarebbe stato se, invece della struggente lagna del passionario disposto perfino a lavorare gratis per amore del servizio pubblico ma ostacolato dai cattivi, ci fosse stata la sincera dichiarazione di un professionista che non ha bisogno di nobili intenti per fare il proprio mestiere e che se non ci sono le condizioni per farlo trova un altro posto in cui portare il proprio talento e la propria professionalità?

Ma d’altra parte siamo nell’era più stupida che l’umanità civilizzata abbia mai prodotto, e in un contesto in cui le lacrime vendono abbondantemente più del talento e usare i mezzi di comunicazione per dire a tutti che non c’è libertà di espressione genera applausi invece che risate, non c’è ragione per cui Fazio debba lasciar perdere la pesca a strascico di like o lo status di vittima del governo più facilmente criticabile dai tempi di Badoglio per mostrare un’onestà intellettuale con cui tutt’al più si diventa segretari del PD o sindaci di Roma. Molto più facile e redditizio continuare ad essere la miglior metafora della sinistra.

Oh-oh-oh, oh-oh-oooh!!


Una replica a “TafFazio”

  1. Avatar Olocaustico – Plautocrazia

    […] gli affidassero “Protestantesimo” – la trasmissione è stata un successo e, viste le vicende dell’ultimo cambio di dirigenza e palinsesti Rai, delle pernacchie in direzione del governo si percepisce ancora l’eco nei trend di Twitter, […]

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