Caglio o muerte

I formaggi obbligatori e le nobili battaglie di un rivoluzionario incompreso

Provolari di tutto il mondo, unitevi! La rivoluzione è alle porte e la giustizia giungerà sotto l’egida di un (inde)fesso paladino di tutti noi che abbiamo a cuore i grassi saturi e ci svegliamo nel cuore della notte in preda alla preoccupazione che la trattoria sotto casa inizi a usare il cheddar al posto del gorgonzola. È finito il tempo dell’amichettismo di sinistra e della sostituzione casearia, ed ancora una volta dobbiamo ringraziare il prode Lollobrigida, che incurante del pericolo si è lanciato alla pugna con nuove mirabolanti proposte che metteranno fine una volta per tutte alla tirannia dei Roquefort.

Smettetela di ridere, la sovranità alimentare è una cosa seria, e siamo fortunati ad avere cotanto ministro ad occuparsene. Ve lo immaginate dove saremmo ora se egli non ci avesse svelato che i poveri mangiano meglio dei ricchi? Ve lo immaginate cosa starebbero mangiando i nostri figli oggi, se Lollo non si fosse battuto strenuamente per impedire che una farina di insetti da 70€ al chilo invadesse le mense di scuole che per qualche rotolo di carta igienica devono fare le raccolte fondi? E quanti nostri compatrioti sarebbero caduti nella subdola propaganda della sinistra sui danni dell’alcol se non fosse intervenuto l’intrepido cognato dell’Altissima a spiegarci che il vino non va considerato alcol? Vi ho detto di smetterla! Basta ridere, comunisti che non siete altro!

I vostri sberleffi non possono scalfire l’armatura del nostro coraggioso ministro, che perora la sua missione in barba alle risate che voi biechi bolscevichi vi fate guardandolo mettersi in posa con una piramide di carciofi, gustare un arrosticino con italica lingua di fuori, o eseguire al taglio di un nastro – nel nobile intento di non staccare mai le dita dal Sacro Tricolore – il doppio taglio passando da un lato all’altro della sua stessa mano con gesto di rara eleganza. A nulla varranno le vostre insinuazioni, e grazie al Decreto Menù ancora una volta la storia sarà dalla parte del caciocavallo.

È evidente a tutti, d’altra parte, quanto la strada della rivoluzione sovranista sia minata dal dilagare di menù ignobilmente mancanti di formaggi italiani laddove abbondano bestialità come sostituti vegetali, formaggi francesi e addirittura salse orientali. Gli strali della globalizzazione hanno perforato ormai da tempo le fiacche difese poste dai precedenti governi, palesemente al soldo di divoratori di grilli e bollitori di wurstel, ma è giunto il momento di interrompere questo scempio dell’italianità. Ogni rivoluzione nasce da un piccolo passo e questa – permettetemi il gioco di parole – inizierà da un piccolo pasto.

Vedo già i plotoni di esecuzione dell’internet irridere la brillante idea del ministro, criticarne l’approccio e procedere con la solita manipolazione. In queste ore – ne sono sicuro – staranno già sostenendo che solo i politici incapaci impongono obblighi per legge in situazioni non emergenziali, che costringere a inserire piatti a base di italici formaggi in ogni menù è inapplicabile prima ancora che liberticida, perfino che più che la proposta di un ministro pare la trovata delle 4 di mattina dell’amico ubriaco e in fame chimica che esordisce con “Ragazzi, idea bomba!”. Beh, bel tentativo, ma ormai la rivoluzione è iniziata e né l’ironia di Twitter né la logica aristotelica riusciranno a impedirla: il binario ormai è preso, e una volta che il treno di Lollobrigida parte è impossibile fermarlo. Vabbè, ho fatto l’esempio sbagliato ma avete capito: non c’è scampo.

Dovremo aspettarci di tutto, è ovvio, ma sotto l’ala protettrice di Sua Carciofità Francesco da Tivoli sono certo che tutto andrà per il meglio, come del resto ogni aspetto di questo periodo storico in cui grazie al Governo Meloni siamo più ricchi, più felici e soprattutto più fiduciosi nel futuro; le guerre non ci fanno più paura come quando c’era la sinistra, le accise sulla benzina sono solo un lontano ricordo, il Ponte sullo Stretto una certezza incrollabile e nessuno protesta più per nessuna ragione (se escludiamo qualche residuo facinoroso le cui bislacche accuse di fascismo vengono prontamente e giustamente sedate da nobili celerini). Diciamolo, finalmente in Italia è più facile essere ottimisti.

Ci pensavo proprio ieri – mentre sfasciavo la vetrina di un bar che non aveva le brioches al taleggio – ai tempi bui che abbiamo passato per colpa della sinistra. Tempi in cui per una sciovinistica bottiglia d’olio made in Italy a 30 euro si parlava di aumenti spropositati da calmierare; tempi in cui il sacro fuoco patrio veniva soffocato dal fiorire di All You Can Eat nipponici e ristoranti etnici volti all’invasione dei nostri confini per via alimentare; tempi di spietata propaganda anti-italiana spacciata per allargamento della scelta per i consumatori; tempi in cui, non mi vergogno a dirlo, pur di consumare prodotti nostrani mi sono rivolto al mercato nero delle caciotte.

Tempi passati, per fortuna, e ne ho avuto prova dopo aver lasciato il bar a pezzi quando, al supermercato, ad ogni cibo non italico era adeguatamente riservata una tagliola in tensione, e si capiva dagli sguardi degli altri clienti che la serenità è finalmente tornata nel nostro paese. Sì, forse qualcuno vi dirà che i 70 euro che ho speso per due pacchi di pasta e una confezione di savoiardi sono tanti, ma quei soldi non rappresentano l’alimento in sé – materialisti che non siete altro – bensì l’orgoglioso sacrificio che ognuno di noi è felice di compiere per far tornare grande l’Italia. Sono forse tanti 70 euro per il glorioso battito che sentite nel petto aprendo una confezione di Parmigiano Reggiano 48 mesi? Sono forse tanti di fronte al palese ottimismo che si respira da quando Lollo si batte per noi? Si può forse dare un prezzo alla rivoluzione?

Spostandomi poi altrove per un aperitivo (in un bar che fortunatamente non sono stato costretto a distruggere) per poco non mi è scesa una lacrima quando insieme allo Spritz mi sono arrivati – su piatti di sole ceramiche di Caltagirone, ça va sans dire – stuzzichini e pezzi di focaccia sui quali svettavano orgogliose solo bandierine italiane. Parlando con il barista è stato proprio lui a parlarmi della famigerata crisi del 2008, che come tutti sappiamo è iniziata proprio per colpa delle bandierine da aperitivo estere e del loro dilagare indiscriminato in nazioni altrui. Ho ordinato un altro giro e in un attimo ci siamo ritrovati ad abbracciarci cantando l’inno di Mameli a pieni polmoni in onore del nostro grande ministro.

Eppure esistono ancora persone che si rifiutano di ammettere quanto da diversi mesi stiamo tutti meglio, compriamo meglio, mangiamo meglio e finalmente possiamo guardare avanti senza l’insostenibile minaccia dei latticini non autoctoni. Li vedo sui social, questi vili reazionari, non riesco a non pensare a quanta povertà d’animo ci abbiano portato decenni di governi comunisti, e ancora una volta mi ritrovo nelle parole del Ministro Lollobrigida, che solo poche settimane fa sintetizzava la sua fulgida visione della realtà con la frase “i comunisti hanno devastato questo paese” per poi (immagino) scendere dal palco e divorarsi con gusto una forma di quartirolo.

Ridete pure, nelle vostre cucine invase da sottilette fosforescenti e formaggi blu, ma la rivoluzione casearia ormai è iniziata e non farà prigionieri. Andremo casa per casa, Grana per Grana e spezzeremo le reni al Camembert. Qui si fa il caglio o si muore!

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