
Viviamo tempi bui. È un mondo difficile e vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto, direbbe il saggio. Solo che questa non è la fine degli anni ’90: oggi la sagace ironia di Tonino Carotone finirebbe in un tritacarne di editoriali seriosi, opinioni non richieste, campagne politiche contro gli zingari, quintali di accuse di qualcosafobia, indignazione conto terzi, moralismo d’accatto o – Dio non voglia – addirittura un paio di barre scritte da Fedez.
Sono tempi duri per tutti, insomma, ma soprattutto per la satira.
Certo, a Gaza vivono sotto le bombe di un pazzo imperialista; a Kharkiv vivono sotto le bombe di quell’altro pazzo imperialista; a Washington vivono nel terrore che la mascotte sessuale dei due suddetti imperialisti mandi la guardia armata su Urano mentre parla nel sonno; senza contare che pure noi con Vannacci e Bandecchi non ci sentiamo molto bene. Però i pazzi si comportano da pazzi, gli idioti si comportano da idioti e i pacifisti vengono incolpati di tutte le escalation militari dalle guerre puniche a oggi; è così dalla notte dei tempi, ognuno ha il suo ruolo ed è tutto regolare. Terribile, ma regolare. Non ci sono idraulici che si improvvisano colonialisti armati, nessun piastrellista pianta bandiere in uno studio notarile rivendicando il possesso nel senso prealessandrino, i fruttivendoli mettono meloni in bella mostra ma non pretendono un posto in Rai per questo.
Il terreno della satira, invece, subisce da tempo le peggiori razzie di occupanti improvvisati che non distinguono un’iperbole da una colonscopia, i suoi ribaltamenti sono ostaggio di giratori di frittate, i suoi mille sbocchi sono tenuti sotto assedio dagli sboccati, la costruzione delle battute è in balia di gente che fatica con le barzellette di Pierino, i paradossi hanno fatto fortuna nel magico mondo dei Social Media Manager e il fertile suolo satirico, in cui una volta germogliavano i Guareschi e i Benni, è avvelenato dai Mario Giordano.
Tutto questo per dire che – a poco meno di 4 mesi dall’esordio – mi vedo costretto a presentare la seconda edizione dei Plautocrazia SatirAwards, la più inutile tra le necessarie premiazioni di cui non avevamo bisogno. L’unico evento che celebra la satira dove nessuno la cerca: barzellettieri involontari, lanciatori di torte allo specchio, notizie che non esistono date da persone che esistono (o viceversa), giocolieri necrofori, racconti lisergici spacciati per linee editoriali e performer a tutto tondo in cerca del proprio angolo di notorietà. Insomma, il meglio di tutto ciò di cui vi siete sempre chiesti “Ma è Lercio?” per poi rispondervi che no, era il tizio con la valigetta atomica.
Questa volta saranno le esibizioni di comicità inconsapevole tenutesi nel solo mese di Settembre ad essere premiate con l’ambitissimo Batrace D’Oro (simbolico omaggio a Re Gonfiagote), sulla base dell’incontestabile giudizio del sottoscritto, generosamente interpretato oggi da Elio Germano col chiaro intento di mettere in difficoltà il governo. Al contrario delle premiazioni più blasonate – lo rispiego perché è la seconda volta, dalla prossima interrogo – nei SatirAwards sono le categorie ad essere definite dai vincitori: qui si premiano le performance nella loro totale libertà, non nel loro incasellarsi in parametri predefiniti. Ma ora è tempo di dare il via, anche perché Elio Germano ha un sit-in tra mezz’ora e vedo che in prima fila c’è De Niro con la palpebra calante.
Plautocrazia SatirAwards – Settembre 2025
Categoria Satira Religiosa
Consegna la statuetta il Cristo Compagnone
Vince il primo Batrace D’Oro di questa seconda edizione… Carlo Acutis! Sono passati due millenni e spiccioli da L’Anfitrione, ma la vicenda del “Santo dei social” sembra scritta da Plauto in persona: la chiesa, ormai più disperata di Salvini che esce i piedi su TikTok, scopre un quindicenne morto di leucemia che non bruciava i barboni al sabato sera, recitava il rosario ed era scarso con la Play. In preda all’estasi da clickbaiting, gli appioppa il sudamericano miracolato standard, e al grido di “Il vero sballo è pregare San Gallo” tenta la carta del Cattolicesimo Wow, regalando al mondo un nuovo santo da maledire quando un seienne taiwanese ti umilia a Call Of Duty.
Ritira il premio lo stesso Acutis, appena smette di apparire nella Xbox di Paolo Brosio.

Categoria Clowneria necrofora
Consegna la statuetta il Pagliaccio Baraldi
Vince il più allucinato Batrace D’Oro della serata… Il funerale di Charlie Kirk! Io e le mie molteplici personalità abbiamo discusso a lungo se ci fosse un singolo soggetto più meritevole di altri, ma è palese come ognuno dei figuranti sia nel suo piccolo – e parlo di misurazione del Q.I. – essenziale per la riuscita della gag più grottesca dai tempi dei tre marmittoni. Nonostante l’agguerrita concorrenza di italici ministri in lacrime, opinionisti sbronzi in TV e aule parlamentari costrette al ricordo di un tizio alla cui notizia della morte i suoi stessi alleati hanno chiesto “Chi? Quello di Star Trek?”, per poi giurare di conoscere profondamente lui e tutte le sue sculture, la magniloquenza degli americani rimane un’asticella irraggiungibile: i fuochi d’artificio all’ingresso della vedova, un tizio che porta una croce a rotelle, chioschi degli hot dog e venditori di vitelli d’oro trasformano il funerale di un morto ammazzato nell’anello di congiunzione tra il carnevale di Rio e l’ultimo giorno di Jonestown. Cosa volere di più da un funerale allo stadio?
Ritira il premio il sobrio della combriccola: John Wayne Gacy.

Categoria Miglior complotto comico
Consegna la statuetta il Rosafante
Per la categoria Miglior complotto comico, supera in staccata Red Ronnie e vince il Batrace D’Oro… Giorgia Meloni! La sua narrazione degli avversari colpevoli di invitare i cittadini ad andarla a prendere a casa è un brillante tributo alla comicità dei Monty Python: la tesi bizzarra pronunciata con vittimistica convinzione, lo sguardo esterrefatto di fronte alla temibile domanda “Chi?”, gli occhi che roteano nel mezzo secondo in cui valuta di rispondere “stocazzo”, e infine la reazione imbruttita al bluff ormai smascherato. Una magistrale esibizione di teatro dell’assurdo che gli amanti del genere accoglieranno di certo con una standing ovation, e se non lo fanno è perché sono dei comunisti eversivi.
Ritira il premio il sarchiapone, solo perché i liocorni non si vedono.

Categoria Pubblica umiliazione
Consegna la statuetta Abraham Simpson
Passiamo ora ad una categoria decisamente meno tecnica. Vince il Batrace D’Oro per la Pubblica umiliazione… Antonio Tajani! A garantirgli l’ambita statuetta è un complesso di esibizioni apparentemente slegate, ma a uno sguardo più attento unite da una dedizione all’arte performativa che poche volte si è vista in un sol uomo. Il ballo scatenato sulle note di Battisti, la Pimpa in arabo, le tribù di Israele nella bandiera UE, il coro “Libertà! Libertà!” inascoltato e lo striscione “Tajani antifascista” firmato da CasaPound sono solo alcune delle mirabolanti performance di autoflagellazione di un uomo insignificante alla disperata ricerca di qualcuno che lo caghi; e cos’è tutto ciò, se non la perfetta e plastica definizione di comico? Avanti così Antonio, sei tutti noi! Hasta el Cuba Libre, siempre!
Ritira il premio il fotografo di Tajani, come risarcimento per il lavoro ingrato.

Categoria Neorealismo satirico
Consegna la statuetta il Commissario Zenigata
Restiamo ancora in Italia per assegnare il Batrace D’Oro per il neorealismo satirico a… Benedetta Pilato e Chiara Tarantino! – Sì, è successo ad agosto ma le premiamo lo stesso, e allora? – Le due nuotatrici azzurre (rispettivamente di Fiamme Gialle e Fiamme Oro) rubano profumi al Duty Free dell’aeroporto di Singapore, vengono beccate, e dipingono così – con l’atmosfera della disillusa normalità priva di sovrastrutture tipica del genere – un manifesto crudo e spietato del paese. Un affresco talmente lucido da riportare alla mente quel “Ladri di biciclette” al quale Pilato e Tarantino tributano chiaramente un omaggio in forma di parodia menippea.
Ritira il premio… Fermi tutti! Chi s’è fregato il premio?

Categoria Uomo che usciva la gente
Consegna la statuetta Herbert Ballerina
È giunto il momento più delicato della serata, e mi preme ricordare – soprattutto al vincitore – che questa è satira, non serve rispondere al fuoco. Vince il Batrace D’Oro… Benjamin Netanyahu! La sua performance visiva all’assemblea ONU è la dimostrazione plastica, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, che il più lucido osservatore del mondo oggi è Maccio Capatonda. Al suo ingresso la sala si svuota come nemmeno un ascensore dopo una scoreggia, ma Bibi, novello Fernandello, prosegue imperterrito nel tentativo di diventare come Billy Ballo: estrae cartelli insulsi e li sventola mentre si compie un massacro, con la mitomania della valletta del pugilato, ma senza le tette a dare un senso alla sua esistenza.
Ritira il premio il primo che riesce a sfuggire dalle grinfie di Iacchetti

Categoria Piatti freddi
Consegna la statuetta Achille Occhetto, controvoglia
È ancora l’Italia ad essere protagonista del prossimo Batrace D’Oro, che va a… Massimo D’Alema! Marchiato in maniera indelebile da quel “Dì una cosa di sinistra” del 1998, il gemello malvagio di Giovanni Soldini attende quasi 30 anni per vendicarsi nel modo più subdolo: facendosi fieramente immortalare in Cina durante la parata militare di Xi Jinping e attentando così, con crudele sarcasmo, all’incolumità di un Nanni Moretti già infartuato. L’impatto della satira dalemiana fermentata negli anni è così devastante che pare la Marvel stia pensando di far crescere i baffi a Capitan America, o di cambiare nome a Super Mario.
Ritira il premio il fantasma della bicamerale

Siamo arrivati ora all’ultima premiazione della serata; una premiazione speciale fuori concorso, che merita un’introduzione solenne e degna del suo profondo significato, nonché del personaggio a cui è dedicata.
La satira è il risultato di un lavoro massacrante, un continuo esercizio di memoria e prospettiva, costruzione di paradossi, sceneggiatura e precisione dei tempi comici. È ricerca ossessiva del nervo scoperto. È perfezionismo in sottrazione. È la sintesi dell’eterna lotta tra ciò che è giusto e ciò che è divertente; un equilibrismo sul filo del rasoio che fa strage di chi lo sottovaluta. Però, così come il genio di monicelliana memoria, è anche fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione. In una parola: talento. E a volte si incontra qualcuno il cui talento trascende le regole dell’universo.
Premio Speciale “Dolores Umbridge”
Consegna la statuetta Cornelius Caramell
Vince il Batrace D’Oro Speciale “Dolores Umbridge”… Beatrice Venezi! Come già accaduto a Palermo, e prima ancora a Firenze, e così via verosimilmente fino all’asilo, la sua nomina a direttrice musicale del Teatro La Fenice è stata salutata da orchestrali, addetti al lavoro e pubblico con fischi, proteste, scioperi, lancio di volantini e altre manifestazioni di quanto sia illuminante il suo talento. Non quello per la direzione d’orchestra, al quale Bacchetta Nera preferisce di gran lunga una comoda tessera di partito, bensì il talento di risultare estremamente odiosa a chiunque con la propria sola presenza. Certo, a lei capita inconsciamente, e la strafottenza che mostra in risposta è più meccanismo di difesa che consapevolezza – senza contare che ormai a credere alla lobby degli orchestrali bolscevichi è rimasto solo Gasparri – ma non è forse il piacere del dissenso, il fremito delle polemiche, il brivido del potere sui bruciori di culo altrui a dare un senso alla satira? Non è forse una folla inferocita dalla propria reputazione, seppur volontaria, il sogno inconfessabile di ogni vero satiro di ogni tempo?
Ritira il premio Riccardo Muti; quando mai gli ricapita di essere quello simpatico?

Siamo arrivati, ahimè, al momento dei saluti. Ringrazio prima di tutto l’amico Elio Germano, che si è prestato a recitare il ruolo del sottoscritto come esercizio di umiltà estrema, anche se ora è uscito di corsa e non risponde al telefono. Lasciatemi dire, prima della chiusura del sipario, che nulla di tutto quello a cui avete assistito questa sera sarebbe stato possibile senza la dedizione di coloro che danno anima e corpo per la causa. Quindi ci tengo a ringraziare il Governo Meloni, i suoi adepti e i suoi omologhi di ogni specie e habitat, che hanno pesantemente contribuito alla seconda edizione di questa amata kermesse, nonché le opposizioni tutte, alle quali stavolta non è toccato nessun Batrace per manifesta superiorità degli avversari, non certo per mancanza di performance valide; continuate così e sono certo che ce ne sarà anche per voi. Chissà che i fasti degli ottobri antichi non siano di buon auspicio.
Mi permetto, prima di tornare a girare il sugo, una sola amara constatazione: il giornalismo – che tanto ha dato alla scorsa edizione e all’ideazione stessa dei SatirAwards – ha esibito stavolta una viltà che non gli rende giustizia. Le occasioni erano molte, gli spunti innumerevoli, ma il mondo della carta stampata si è dimostrato fin troppo ancorato alla ripetizione di schemi sicuri e routine dalla risata facile; troppo spaventato dalle strade nuove per osare ciò che avrebbe potuto – e potrebbe ancora, nulla è perduto – farli tornare nel novero dei migliori batracisti. Non nascondo un po’ di delusione per tale pavido galleggiamento.
Ma bando ai tristi pensieri, è stata una celebrazione e, come sempre, il grazie più grande va a tutti voi. Voi che subite i tempi bui e voi che cercate raggi di sole; voi che state ancora ridendo per Bibi Ballerina e voi che mi state mandando il Mossad a casa; voi che, chissà, siete dei Social Media Manager e state cambiando la strategia comunicativa di Crosetto per accaparrarvi un Batrace di riflesso; voi che alla fine di questo sproloquio avete pensato una battuta e sentite l’urgenza di scriverla; voi che state maledicendo il tempo sprecato per leggere ‘sta boiata; voi che pensiate stia parlando di voi, e invece parlo di quelli seduti nella fila dietro. È la satira, bellezza!
Quell’uomo non era pazzo. Lavorava tra schegge di granata che gli sibilavano intorno perché non poteva aspettare! Il contenuto di quel quaderno era troppo importante per rimandarne la stesura; doveva scrivere ciò che la mente gli dettava. Non poteva perdere nemmeno un secondo. Cosa c’era di tanto importante da indurlo a rischiare la propria vita? Quale scritto gli ha impedito di alzarsi in piedi e fuggire come qualsiasi altro uomo avrebbe fatto?






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