
Ben ritrovati ad un nuovo episodio delle Fenomenologie Illustrate della fauna social, l’unica rubrica che Paolo Bonolis rifiuterebbe di leggere perché troppo prolissa. Lo studio di oggi si concentra su un genere faunistico molto diffuso sui social, e mi sento di dire sia di utilità abbastanza trasversale, ma la gran parte delle caratteristiche che andremo a sviscerare e i brevi consigli su come gestire l’interazione con gli esemplari sono a particolare appannaggio di comici di professione, umoristi amatoriali, fancazzisti generici o chiunque usi i social per divertirsi e non per prendere sul serio Fusaro.
Dopo diverse analisi dal sapore politico – per quanto complottisti, autoflagellanti e ultrà squilibrati si possano considerare soggetti politici – mi sembra giusto riportare la rubrica su un binario più generalista e meno tacciabile di faziosità, e non lo dico soltanto perché un capannello di attivisti di CasaPound armati di spranghe e Caffé Borghetti staziona di fronte a casa mia dall’uscita dello speciale sulle elezioni regionali. Per questo motivo, nonostante il contenuto di molte illustrazioni verta su temi di pubblico interesse, l’analisi della specie odierna è scevra da inquadramenti politici di sorta. Sentitevi comunque liberi di pensare che qualsiasi cosa urti le vostre esasperate convinzioni sia intenzionale; ci tengo.
Ma bando alle ciance e cominciamo.
Fenomenologia illustrata del Travisatore Didascalico
Premessa
Il Travisatore Didascalico (nome scientifico: Seriosus noli-cogliere) è un organismo capillarmente diffuso ad ogni latitudine digitale, ma con radici analogiche che si perdono nella millenaria storia dell’uomo. La datazione delle tracce scritte di atavici precursori della specie odierna si ferma, per ovvie ragioni, ai sumeri; nonostante ciò, secondo gli esperti, la radicata incomprensione delle sfumature comunicative che dà origine al Travisatore Didascalico è tratto antropologico primigenio, ed è quindi molto probabile che in epoca preistorica esistessero esemplari di homo sapiens usi a reagire in maniera impropria a suoni gutturali dal tono sarcastico o battute riguardo il ponte sullo stretto.
Malgrado ciò che si possa pensare delle speranze di sopravvivenza di una specie il cui connotato precipuo è non capire ciò che si trova di fronte, i fatti dimostrano che il Travisatore Didascalico ha saputo adattarsi a millenni di trasformazioni storiche e comunicative, divenendo parte integrante di ogni ganglio della società, amalgamando la propria inettitudine con il fantasioso universo del dibattito pubblico senza soccombere a nemici giurati quali illuminismo, figure retoriche o album dei Pink Floyd. L’avvento del digitale ha rappresentato un’enorme opportunità per la specie, che si è adagiata nell’appiattimento cognitivo e nell’ambiguità dell’internet come forse nessuna delle specie analizzate finora; è stato, per certi versi, proprio quest’ultimo salto evolutivo a dare vita alla gamma di tratti tipici e comportamenti codificati che andremo qui di seguito a sviscerare.
Ultima doverosa premessa: le caratteristiche del Travisatore Didascalico si manifestano durante gli scambi verbali; onde illustrarle al meglio, le figure esemplificative conterranno non soltanto il commento del soggetto, ma lo scambio (per intero o in parte). Tali figure, per mere questioni pratiche, sono prese da esperienze dirette del sottoscritto o dai profili social di autori satirici molto più degni di questo titolo, perciò il contesto è quasi sempre canzonatorio. Le caratteristiche oggetto di studio sono comunque state registrate anche in scambi meno sarcastici e si manifestano con gli stessi schemi.

Capitolo 1: Caratteristiche fondamentali
Il Travisatore Didascalico (da qui in avanti soltanto T.D.) è una forma di vita digitale particolarmente infestante e dalle mutevoli caratteristiche, capace di convivere in apparente armonia con l’ambiente circostante e con gli altri organismi virtuali, dai quali assorbe tratti tipici, abitudini e riflessi codificati. Quello del T.D. è però un trasformismo superficiale che, facendo leva sulla scarsa comprensione del testo come comun denominatore, spesso è così efficace da permettergli un mimetismo sostanzialmente perfetto con altre specie. Si ipotizza che anche la più remota specie digitale presente oggi in rete conti almeno un esemplare di T.D. sotto mentite spoglie; e soltanto in alcune di esse quell’esemplare è Jake La Furia.
Per molto tempo gli studi hanno considerato i connotati del T.D. soltanto semplici lacune cognitive incidentalmente comuni a molti soggetti di diversa estrazione, ma – in tempi più recenti – l’aumento esponenziale delle schizofrenie social ha portato alla luce schemi ripetuti sovrapponibili anche tra specie estremamente diverse, in misura tale da rendere necessaria la nuova classificazione in qualità di specie vera e propria, per quanto la sua psicologia comportamentale si potrebbe riassumere in un laconico: “Si applica, ma è tonto”. E di nuovo, non mi riferisco solo a Jake La Furia.

Capitolo 2: Come riconoscerlo
Come già accennato, l’indole parassitaria del soggetto lo rende apparentemente indistinguibile dagli esemplari della specie che scimmiotta. Nonostante ciò, con un’osservazione più accurata i tratti nativi del T.D. si possono sempre ravvisare. Spesso è sufficiente un solo incontro ravvicinato, che si tratti di un avvicendamento volontario o fortuito: il T.D. possiede infatti un istinto di replica (lo approfondiremo più avanti) che lo porta a rispondere o commentare post di chiunque con l’enfasi di Umberto Eco che spiega le coniugazioni, ma la competenza di Ferrara che spiega la danza classica.
Se è vero che potreste incappare in un esemplare di T.D. facendo il passo falso di rispondere a un suo post senza riconoscerlo in prima battuta – ritrovandovi in un ginepraio di spiegazioni inutili e virtualmente infinite – è molto più probabile che sia il soggetto stesso a manifestarsi per primo, commentando post ironici, citazioni cinematografiche, frasi contenenti figure retoriche, concetti sottintesi, equazioni di primo grado o qualsiasi altro contenuto che preveda una base culturale minima. Ad ognuno di questi contenuti, il T.D. replicherà in tono contestatorio non al reale significato del contenuto, bensì ad un’interpretazione letterale di esso, per intero o di una piccola parte estrapolata a caso secondo le paranoie specifiche del singolo esemplare.

Capitolo 3: Comprensione del testo
Caratteristica fondante, nonché centrale snodo evolutivo della specie, è l’incapacità di comprendere un testo scritto. Va detto però che suddetta incapacità, nei secoli addietro piuttosto generalizzata, è andata via via settorializzandosi secondo le diverse ramificazioni dell’integrazione sociale: se in linea di massima possiede una cultura da supermercato fatta di aneddotica spicciola, stereotipi da cestone del 3×2, filmografia di Massimo Boldi e abuso di Jack Daniel’s, il T.D. mantiene una manciata di ambiti di interesse – diversi per ogni esemplare – verso i quali tende costantemente.
Tale settorialità permette a gran parte dei soggetti – ad esclusione dei più esagitati, capaci di cadere sull’uccello come nemmeno la signora Longari – di non esporsi a costanti figuracce. Malgrado ciò, l’attitudine incontrista del T.D. è destinata a trascinarlo (prima o poi) all’attacco di lidi sconosciuti con la sicumera di Sangiuliano a un esame di geografia, e alle conseguenti interazioni piccate con chiunque conosca la reale ubicazione di Times Square. Nei casi più esasperati, il soggetto potrebbe addirittura cambiare diametralmente opinione sull’interlocutore colpevole di sapere ciò che dice, passando da “ha scritto un capolavoro” a “lei è un cretino”.

Capitolo 5: Didascalismo
Come vedremo nei prossimi capitoli, il soggetto non è necessariamente un totale inetto. Potrebbe avere una discreta padronanza del linguaggio, a volte addirittura ottima, che però andrà sprecata durante le interazioni – a causa di riflessi condizionati, tachicardie di dubbia origine e conti in sospeso con le versioni del ginnasio – a favore di risposte sguaiate e ridicoli processi al lessico dell’interlocutore.
Anche il più illuminato dei T.D., una volta manifestatosi al di fuori della propria comfort zone e trovandosi nella scomoda situazione di dover rispondere a frasi di senso compiuto – ma incapace di argomentare e deciso a non ammetterlo – verrà preso da un’ira berserker che lo porterà ad aggrapparsi a interpretazioni didascaliche di qualsiasi frase, anche delle più palesi iperboli e di proverbi o modi di dire conosciuti perfino da Gasparri, nella speranza di “vincere” un avversario che probabilmente lo sta solo sfottendo.

capitolo 6: struttura sociale
A differenza della maggior parte delle specie digitali, il T.D. non ha una vera e propria struttura sociale, né tantomeno una gerarchia a cui sottostare. Gli esemplari sono perlopiù cani sciolti con estrema libertà di movimento all’interno dei social e degli argomenti di discussione (anche questo aspetto ne garantisce la diffusione capillare). Nonostante ciò, esiste una generale solidarietà tra tutti i soggetti che però, per ragioni di sopravvivenza e mantenimento della copertura, non sempre si manifesta nello stesso modo.
Il T.D. è tendenzialmente pronto a supportare i propri simili – laddove il supporto non comprometta la reputazione del soggetto nella propria cerchia – creando dei branchi più o meno temporanei in base alle peculiarità dei singoli e alle specie in mezzo alle quali si camuffano. Un T.D. affiliato a specie tifose o complottiste, ad esempio, potrà avvalersi di un branco predisposto a durare nel tempo. Generalizzando, si può dire che il sostegno tra gli esemplari della specie è direttamente proporzionale alla schizofrenia delle convinzioni, nonché alla ripetitività quasi ciclostilata delle risposte.

Capitolo 7: Biodiversità e diffusione
Tra le ragioni del successo della sua capillare diffusione, la comunità dei T.D. può vantare una sviluppatissima biodiversità, che permette ai singoli soggetti di spaziare tanto nei diversi gruppi sociali quanto negli argomenti da cavalcare per manifestare la propria natura. Sembra una constatazione banale, ma è in realtà rivelatrice di un concetto che chiunque bazzichi il mondo dei social dovrebbe tenere bene a mente: nessuna bolla è al sicuro.
Si può cercare di filtrare il più possibile, ma non c’è modo di ritagliarsi alcun contesto chiuso e selezionato con la certezza che nessun esemplare di T.D. sia presente. Questo perché, grazie alla biodiversità di cui sopra, il soggetto potrebbe mantenere la propria natura latente per anni, addirittura guadagnando un ruolo di potere o una reputazione negli ambienti dell’intellighenzia, e poi esplodere all’improvviso urlando “E allora le foibe??” in un dibattito sulla stagionatura del guanciale, o citando film – di cui ha assorbito soltanto i voluti stereotipi – per millantare nobili valori che il film stesso notoriamente smonta.


Capitolo 8: Istinto di replica e tasti dolenti
Lo studio ha identificato due riflessi pavloviani dai quali ogni esemplare di T.D. non può esimersi: l’istinto di replica e la reazione ai tasti dolenti.
Il primo, già approssimativamente accennato, è un riflesso di origine antichissima ravvisabile già negli antenati analogici, ma accentuato dall’avvento di tecnologie tascabili e scoperta della fotosintesi. Il T.D. sente l’impellente bisogno di intervenire in discussioni altrui – a volte inventandosele di sana pianta – per esprimere la propria opinione su qualcosa che non si premura minimamente di aver compreso. Tale riflesso si manifesta principalmente in commenti a battute, allusioni sarcastiche e umorismo generico, a cui il soggetto è intollerante da quella volta che un maresciallo dei carabinieri ha dovuto spiegargli la barzelletta del fantasma formaggino.

Il secondo, anch’esso di antica origine ma portato all’estremo dalla declassificazione del disturbo narcisistico della personalità, interessa uno spettro di interazioni molto più ampio e si manifesta in una schizofrenia deflagrante di fronte a specifici argomenti che turbano la debole psiche del soggetto. Quando le altrui opinioni vertono su una questione alla quale tiene particolarmente – dai crimini di Israele al verso corretto del rotolo di carta igienica, non esistono ordini di grandezza – il T.D. esploderà nelle più classiche reazioni da ultrà, mancando del tutto l’argomento del dibattito o l’oggetto della battuta.


capitolo 9: serietà e seriosità
Altra caratteristica fondante della specie – che ci introduce all’analisi del rapporto con forme espressive complesse quali figure retoriche, uso dei sottintesi, stratagemmi umoristici e coniugazione del verbo nuocere – è la totale incapacità del soggetto di distinguere tra serietà e seriosità.
Il T.D. – come ogni individuo totalmente avulso da ironia e percezione del contesto – sui social prende tutto con estrema seriosità, che si tratti di un’inchiesta sulla tratta di schiavi dal Botswana o del dissing tra Tony Effe e Marco Columbro. Ne consegue la mala gestione tanto di ciò che non è serio quanto di ciò che, seppur serio, viene esorcizzato con leve comiche. Non sapendo gestire i diversi registri di espressione, interverrà a gamba tesa su qualsiasi questione, con la confidenza e la serenità di Giovanardi a un after party in casa di Malgioglio.


CAPITOLO 10: figure retoriche
La natura didascalica del T.D. può manifestarsi su diversi livelli di intensità, ma per ovvie ragioni diviene maggiormente palese di fronte a frasi la cui comprensione necessita di due pensieri consecutivi o di retaggi del sussidiario di terza elementare.
Le figure retoriche – metafore e iperboli su tutte – sono per il T.D. ciò che la kriptonite era per Superman; a differenza di Clark Kent, però, gli esemplari della specie sono sì annichiliti dall’antica pietra linguistica, ma ne sono anche irrimediabilmente attratti. Ci sono diverse scuole di pensiero sulla vera origine di questa attrazione, di cui si hanno poche tracce antecedenti all’avvento del web e della farina di kamut, ma tutte le diverse teorie confluiscono nella certezza che allo stato attuale il T.D. sia così dipendente da figure retoriche che non coglie da rivalutare la posizione di Keith Richards negli anni ’70 in “Consumatore sporadico”. Tale dipendenza lo trascinerà inesorabilmente a reazioni quali rispondere a domande retoriche o mancare del tutto i sottintesi.


Capitolo 11: Ironia e sarcasmo
Se l’uso di figure retoriche può declinarsi anche in dibattiti seri, l’esca più efficace per il T.D. è l’utilizzo di tali figure in connotazione ironica o sarcastica. Questo perché nell’ironia e nel sarcasmo l’irritazione delle diverse componenti analizzate fin qui (seriosità, didascalismo, allergia alle figure retoriche e tasti dolenti) si combina formando un’efficacissima armadifinedimondo, equivalente per il soggetto ad una zanzariera elettrica cosparsa di melassa.
Va detto che ironia e sarcasmo sono tasti dolenti per molte specie dell’universo social, ma in questo senso il T.D. rappresenta una delle realtà più ossessive. Interfacciarsi con un esemplare offrendo sarcasmo potrebbe dare vita a ore e ore, a volte giorni, di ininterrotti botta e risposta psichedelici. Questo perché da ogni risposta sarcastica il soggetto estrapolerà una nuova parola o frase, travisata didascalicamente come da etologia di base, che non avrà nessun legame con le precedenti, delle quali egli stesso negherà la memoria, perlopiù inconsciamente.

Capitolo 12: Nozionismo spicciolo e Wikipedia
Come spiegato nei capitoli precedenti, il T.D. può condurre per anni una vita social del tutto normale, spesso dimostrando competenze nei propri ambiti d’azione e capacità argomentative di buon livello; tuttavia, il bagaglio dialettico del soggetto si perde all’istante nel momento del coming out.
Una volta fuori dalla propria zona di comfort, il T.D. disorientato dal nuovo ambiente si rifugia nel più classico nozionismo digitale: non avendo appigli propri, correrà immediatamente su Wikipedia o su Google, digitando parole chiave prese a caso dalle frasi dell’interlocutore o da misteriose voci nella sua testa. Come ogni nozionista da enciclopedia gratuita, però, è incapace di mettere in prospettiva la manciata di frasi che legge (il T.D. è allergico alla pagina 2 dei risultati di Google); si limiterà quindi a fare uno screenshot senza nemmeno togliere la sottolineatura automatica. Naturalmente, la nozione riportata non avrà il minimo legame con ciò a cui risponde, ma il T.D. non lo sa e scagazzerà sulla scacchiera come il più classico dei piccioni impettiti.

Excursus – Intenzioni e interazioni
Cominciamo a questo punto, prima di arrivare alle agognate considerazioni finali, un brevissimo compendio delle casistiche di interazione con gli esemplari della specie. Tale compendio non si prefigge di offrire uno schema completo (sarebbe quasi impossibile, e dopo 12 capitoli le energie sono quelle che sono) ma di riassumere il quadro generale in due dicotomie nelle quali le migliaia di sfaccettature dei singoli individui, nonché le caratteristiche etologiche fin qui sviscerate, confluiscono inesorabilmente.
La prima dicotomia riguarda le intenzioni dei soggetti analizzati (divise tra buone e cattive) mentre la seconda suggerisce due possibili macrocategorie di approccio ad essi (soft o hardcore).
Capitolo 13: Buone intenzioni
Nonostante i suoi toni siano perlopiù aggressivi e esasperati, a riprova del fatto che nessuna bolla è al sicuro, può capitare molto spesso che il T.D. sia mosso da nobili intenti, ideali inclusivi, contrasto alle discriminazioni e in generale quelle buone intenzioni che gli idioti chiamano “buonismo” con accezione negativa. Tali intenzioni però, combinate con il didascalismo, si traducono spesso nella negazione di un confronto sano e addirittura una concordia, altrimenti auspicabili.
Di fronte ad una frase che con chiaro registro satirico va a colpire un pregiudizio o uno stereotipo, il T.D. benintenzionato (ma inguaribilmente didascalico) non è in grado di apprezzarla se è scritta in forma ironica, o se nella frase è contenuta una singola parola che egli individua come offensiva, seppur il termine offensivo sia voluto, funzionale all’ironia e – nel contesto – snaturato proprio della valenza offensiva originaria.


Capitolo 14: Cattive intenzioni
Il rovescio della medaglia, nonché il bacino più popoloso, sono i T.D. mossi da cattive intenzioni, poiché – per ovvie ragioni – i tratti esasperati si sposano più facilmente con velleità fortemente divisive, che si tratti di razzismo o tifoseria sportiva, malinteso senso della politica, snobismo musicale o fedeltà alla ricetta originale della pasta con le sarde.
Il T.D. con cattive intenzioni è affetto da frustrazioni di varia origine, insoddisfazioni umane, fallimenti della scuola dell’obbligo e altre tare degenerative che animano il pratone di Pontida, i raduni di Predappio o i concerti di Povia. Possedendo il controllo degli istinti di Pietro Pacciani, il T.D. malintenzionato si manifesta sui social con l’unico obiettivo di vomitare insulti e disprezzo gratuito verso una qualsiasi opinione colpevole – in toto o per mezzo di singoli termini che il soggetto scinde tenacemente dal contesto – di toccare uno degli innumerevoli angoli ciechi della psiche del soggetto. Anche in questo caso non esistono ordini di grandezza o scale di valori: commentare un decreto governativo o pubblicare una lasagna vegetale può procurarvi i medesimi auguri di morte violenta.


Capitolo 15: Interazioni & conseguenze – Approccio soft
Come avrete già intuito, le interazioni con il T.D. sono per certi versi inevitabili. Dato che qualsiasi post su qualsiasi argomento può attirare qualche esemplare della specie – e premesso che il modo più efficace per vivere in pace con l’universo digitale è la totale e trasversale indifferenza – è quindi necessario conoscere le due possibili strade da scegliere, qualora ci si ritrovasse a discutere con un esemplare, per divertirsi a dovere o quantomeno non venirne fuori con le ossa rotte.
L’approccio soft consiste nel sostanziale suggerimento a rileggere il post, nella speranza che il T.D. venga posseduto dal dio della comprensione del testo, o in alternativa sbraiti “ho capito benissimo, professorone!” e se ne vada senza colpo ferire, lasciandovi ad occupazioni sicuramente migliori. Può apparire innocuo ma, a seconda della schizofrenia del soggetto, il semplice invito a rileggere può nascondere insidie: è sufficiente una mezza allusione o un vago tono ironico per scatenare le ire del soggetto. A quel punto, se non si vuole virare su un approccio hardcore, il consiglio è di ignorarlo totalmente (il solo insistere nel consiglio di rileggere lo potrebbe mandare in bestia). Non ottenendo risposta, i più tenaci potrebbero presentarsi sotto altri post di altri argomenti e tentare nuovi avvicendamenti; briglie salde e non ragioniam di loro.


Capitolo 16: Interazioni & conseguenze – Approccio hardcore
Più interessante e divertente – ma potenzialmente dannoso per la vostra sanità mentale – è invece l’approccio hardcore. A differenza del soft, qui l’intento è il volontario dileggio del soggetto, che in casi estremi può diventare vera e propria umiliazione pubblica. Non ci sono regole d’ingaggio, ma vale la diretta proporzionalità: maggiore è il sarcasmo, maggiore sarà la sguaiatezza della replica (che arriverà, non dubitatene). È un approccio che può dare grandi soddisfazioni, nonché fungere da esercizio di stile se dovete allenarvi per il tiro al piccione, ma mi preme sottolineare che l’intensità e la durata dello scontro potrebbero trascinarvi verso chine sempre più scivolose, perciò ricordate: calcate la mano responsabilmente, o da un momento all’altro potreste trasformarvi in Vittorio Feltri.
L’elemento centrale da tenere presente è che il soggetto butterà argomentazioni casuali a raffica, nello spasmodico tentativo di essere considerato un interlocutore valido, ed ogni cedimento in tal senso rinforzerà la sua convinzione; per un’esperienza hardcore efficace, le risposte devono essere asciutte, ciniche e mai accondiscendenti con uno qualsiasi dei numerosi tentativi di spostare il discorso a cui andrete incontro. Il soggetto vi considererà dei professoroni spocchiosi in ogni caso, quindi non abbiate paura di mostrare piccole dosi di protervia e non arretrate mai su una buona battuta: per colpire il bersaglio bisogna prima di tutto appuntire le frecce. Se poi il bersaglio è un senatore leghista, saranno le frecce stesse a chiedervi di essere affilate.


Capitolo 17: Considerazioni finali
Il Travisatore Didascalico è per molti versi una creatura di scarsissimo interesse etologico, dato che la psicologia comportamentale e la maggioranza dei riflessi codificati dei singoli esemplari sono cannibalizzazioni di altre specie. In una visione d’insieme, però, rappresenta un esempio lampante del dinamismo evolutivo che i social permettono, per quanto i risultati del dinamismo in questione siano più simili alle teorie di Idiocracy che a quelle di Darwin.
La diffusione capillare e il trasformismo, forse più degli altri aspetti che abbiamo analizzato fin qui, sono sicuramente ciò che più identifica le potenzialità colonizzatrici della specie in un contesto a lunghissimo termine. Se già ora è praticamente impossibile essere al riparo dai Travisatori Didascalici, va chiarito che trasformarsi in essi è più facile di quanto si possa pensare. L’approccio esasperato agli argomenti è qualcosa che ribolle nel sottobosco dei social, e ognuno di noi ha temi che lo colpiscono più di altri, rispetto ai quali è facile cedere ad una comprensibile perdita di lucidità. Se però da tali perdite di lucidità ci si inizia ad autoassolvere (magari cedendo alla solidarietà della propria bolla anche quando la si è fatta fuori dal vaso) si rischia di ritrovarsi, senza nemmeno rendersene conto, a ragionare come senatori leghisti in preda al complottismo.
Perciò, al solito, il consiglio è quello di mantenere la barra dritta sui social, senza cedere alla bassa retorica e a polemicuzze di sorta. Con le redini ben salde tra le mani, avere a che fare con il Travisatore Didascalico diventa così un’esperienza divertente per chi si cimenta con l’ironia o con la satira, ma anche per chi confida in sane discussioni. Naturalmente non saranno le opinioni del soggetto ad arricchire il dibattito, ma saperlo riconoscere nel marasma della rete permette di dare il giusto peso ai suoi commenti, ignorarlo per non avvelenare la discussione, oppure prendersi una pausa dai massimi sistemi per lanciargli delle noccioline.
Le Fenomenologie Illustrate torneranno prossimamente con una specie decisamente più ingombrante, perciò preparatevi. Prima di salutarvi vi ricordo che chiunque voglia segnalare esemplari interessanti, cimentarsi nella redazione di una fenomenologia o inviarmi buste con l’antrace può farlo ai contatti presenti nella pagina dedicata.
Alla prossima, e state lontani dalla galera.






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