
Il 21 febbraio del 2022, l’allora ex trombato e ancora non sicuro ricandidato repubblicano alla presidenza della più invasata democrazia del pianeta lanciava Truth, un social tutto suo con blackjack e squillo di lusso, fondato per ripicca dopo che Twitter aveva deciso che ok la libertà d’espressione, ma se volevo vedere personaggi improponibili andare in casa d’altri a pisciare sui tappeti guardavo Il grande Lebowski.
Ricordo come se fosse ieri – lo è, sono passati due anni, non un’era geologica, piantiamola con ‘sta nostalgia della settimana scorsa – l’ironia feroce e il sarcasmo con cui il mondo civile salutava l’impresa ridicola di un politico capriccioso, e soprattutto il cretinismo dei suoi fedeli miliziani che si sono fiondati immantinente sull’El Dorado del suprematismo da divano. Ricordo come le accuse di censura e i pomposi proclami per annunciare l’uscita dal perfido Twitter, per approdare nella terra promessa di Truth, venissero spernacchiati a dovere e bollati come capricci infantili. Se la mia memoria e la trama di Idiocracy facessero cilecca, comunque, a riportare tutto ai giorni nostri ci sta pensando la migrazione in massa di molti utenti Twitter (o come diavolo si chiama) verso social analoghi, BlueSky in testa.
Origine di questo esodo carnevalesco è ovviamente il nuovo corso della politica a stelle e strisce: Donald Pezzali ha vinto le elezioni, e il suo Mauro Repetto con le apnee notturne avrà un ruolo nella squadra di governo. Un ruolo così importante che l’unica altra istituzione mai esistita che sia paragonabile al nuovo Department of Government Efficiency, di cui Musk sarà a capo, è quel Ministero della Semplificazione Normativa che tante gioie e falò in piazza ha regalato all’Italia, sotto l’egida del sempre equilibrato Calderoli.
Roghi di faldoni a parte, ora Musk è ufficialmente un membro del governo americano – lo sarà, dato che i tempi della più grande democrazia del mondo sono fermi al giorno in cui l’uomo inventò il cavallo – e perciò le boiate che è solito dire su argomenti di cui non sa nulla, da questo momento non sono più semplici boiate di un libero cittadino (se mai l’espressione “libero cittadino” abbia equiparato la casalinga di Voghera a uno che può comprarsi la Slovenia rompendo il salvadanaio), bensì boiate diplomatiche, all’ultima delle quali San Sergio Mattarella ha risposto con un “fatti i cazzi tuoi” da manuale delle istituzioni, dimostrandosi ancora una volta l’unico adulto in una stanza in cui patrioti adolescenti con l’auto blu facevano a gara per il pompino più appassionato al miliardario straniero. Ma non sono qui per parlare di ciò su cui ha già detto tutto Battiato.
Sono qui perché ora che Musk è sia una personalità politica sia il proprietario di Twitter, il mondo intero pare aver scoperto all’improvviso il conflitto d’interesse e l’uso personalistico (ohibò) che i ricchi fanno di ciò che comprano. Così, dall’oggi al domani, il paradisiaco Twitter del confronto rispettoso e dell’onestà intellettuale è diventato una cloaca in cui non è più possibile stare, tutta contrasti e toni esagitati, pornografia, insulti, razzismo, carbonare coi wurstel e film con Adam Sandler. O perlomeno è quello che sostiene chi, dal direttore del Guardian all’idraulico di Teramo che la sera sconfigge il cambiamento climatico con gli hashtag, in questi giorni ha deciso di tagliare i ponti con Twitter e spostarsi altrove, principalmente su BlueSky.
Ora, che ci si possa stufare del clima su un social e decidere di non usarlo più, oserei dire sia più che legittimo; non fosse per il fatto che a testimoniare l’ondata migratoria non siano tanto i numeri dell’esodo, quanto gli stessi esodanti, i quali, come una Ferragni qualsiasi, annunciano urbi et orbi la loro scelta sofferta ma necessaria, denunciano le brutture della gestione Musk con il tono del maxiprocesso, sentenziano che la misura è colma per chiunque abbia senso etico (mica solo per loro, figuriamoci, riguarda l’intera umanità) e invitano alla rivolta come nemmeno Mel Gibson con la faccia pitturata, urlando “Scozia! BlueSky! Libertà!”. Insomma, tutto quello che i cagnolini di Trump avevano fatto per annunciare l’iscrizione a Truth, ma con più background culturale a cui mancare di rispetto.
Era successo già un paio d’anni fa, e c’era sempre di mezzo Elon Musk, all’epoca soltanto imprenditore strafottente che aveva osato comprare Twitter e non ancora ancella del demonio; allora la terra promessa era Mastodon. Durò qualche settimana, poi vinse di nuovo il capitalismo, che poteva vantare server più prestanti, potere mediatico maggiore e nessuna aria da nerd (intendo nerd veri, non quelli che scopano con Penny: repellenti, snob, con un mainstream proprio, allergici ai consumi di massa ed eccitati dagli algoritmi dall’usabilità complessa). Inutile dire che anch’io feci parte della nuova ondata di utenti Mastodon, e da qualche giorno sono anche su BlueSky; dove c’è un nuovo posto in cui scrivere le mie minchiate ci sono anch’io, chi mi conosce lo sa (era dai tempi di Mai Dire Gol che sognavo di dirlo, scusate). Solo che, a differenza di chi scappa da Twitter usando il megafono, a me era chiaro fin dall’inizio – è il mio blog, qui quello intelligente sono io, è chiaro?? – che della mia presenza o assenza su Twitter, a Elonio e al suo fondo pensione non frega giustamente una ceppa.
È la solita storia di prigionia volontaria dei social, nei quali ognuno di noi è convinto di avere un ruolo, e che tale ruolo sia così importante da diventare leva per la rivoluzione, con la prosopopea della casalinga che minaccia di buttare la carta Fidaty perché qualcuno l’ha convinta che i boicottaggi funzionano uno vale uno il mare è fatto di gocce il popolo è sovrano il rock è donna ognuno di noi è speciale le offerte di Poltrone&Sofà finiscono domani il signor Esselunga perderà l’appetito per il cliente perso. È la solita vecchia storia dell’albero nella foresta che cade, ma se non c’è nessuno ad assistere non fa rumore, e abbiamo una paura fottuta di essere quell’albero. È la solita vecchia storia di voler fare la storia, che non a caso è la stessa fissa della Meloni e del suo circolo di taglio, cucito e olio di ricino.
La realtà, molto più prosaicamente, è che i social alternativi sono una grande risorsa finché restano tali, ma se si pensa di usarli per soppiantare quelli blasonati diventano una contraddizione in termini. BlueSky oggi è come le sardine; ve le ricordate le sardine? Quanto tempo; sembra ieri che Stanley Tucci paragonava Santori a Che Guevara addentando un panino con la mortadella. Ricordate l’eccitazione nel vedere i giovani riempire le piazze genuinamente, rifiutando simboli di partito? Ricordate la nostalgia da occupazione studentesca tutta ideali, reggae e magliette del Che? Ecco, ciò che forse non ricordate è il motivo per cui le sardine sono tornate nella scatoletta in un battito di ciglia: invece di rimanere un movimento culturale dal basso, di quelli necessari per la collettività, ci si è affrettati a infilarlo in uno schieramento; e mica l’hanno fatto Schlein o Meloni, l’abbiamo fatto noi, per poterci affiliare o distaccare, evocando Marx, Montesquieu e tutti gli altri. Per poter dire “io c’ero”, nell’unica maniera con cui siamo convinti di cambiare il mondo: pretendendo di essere protagonisti.
Esattamente come le prime piazze delle sardine, BlueSky offre un clima più genuino e vivace, meno incarognito da contrasti antichi, vecchi arnesi e Gasparri; un posto che al concetto di “piazza virtuale” può ancora assomigliare. È ovvio che sembri il paradiso rispetto al Twitter su cui vieni minacciato di morte se dici che non ti piacciono le lasagne, ed è normale entusiasmarsene se a quei toni ci si è fatto l’abitudine. Ma BlueSky, così come Mastodon e le piazze, sta lì da un pezzo; se finora questa esplosione di nuovi utenti non c’era stata è perché, in fondo, non si tratta di fuggire dalla cloaca, ma di saltare su un carro, tornare vergini e dimenticare che alla cloaca si è contribuito fino a ieri, snobbando le alternative perché “scendo in piazza solo se ci sono i miei amici”. Non è la presa della Bastiglia, malgrado gli altisonanti tweet di addio alla Robespierre.
Non che la corrente contraria sia da meno: in perfetta alternanza a quelli che “me ne vado, così Musk impara” ci sono quelli che annunciano “io resto” coi toni delle brigate partigiane sui monti, dicendo che è il momento della resistenza, che no pasarán, che guardatemi, sono proprio come Pertini e i fratelli Cervi, e io davvero non riesco a capire come si faccia a non vedere quanto sia ridicolo tutto ciò. Vedo questi fremiti adolescenziali fatti passare per rivoluzione, rido nervosamente, e mi domando quand’è che abbiamo smesso di collegare l’età adulta con la capacità di discernimento; mi domando se non sia proprio per questo che in tutto il mondo le peggiori destre, twainianamente, ci stiano battendo con l’esperienza; mi domando, me lo sto domandando proprio ora, perché ogni volta che voglio scrivere un pezzo divertente finisco con dei pipponi pesantissimi.
Avevo in mente un pezzo ironico e allegorico, con Piero Pelù travestito da Clint Eastwood che annuncia a tutti la sua fuga da Muskatraz, il direttore del Guardian nella parte di Chester “Doc” Dalton, e il perfido direttore Elonio che a evasione conclusa trova un crisantemo sulla spiaggia, scopre che annusarli manda più in botta della ketamina e molla tutto per diventare giardiniere del cimitero. E allora perché diavolo ho scritto ‘sta solfa? Cliccate qui e scopritelo sul mio nuovo account. Scozia! BlueSky! Libertà!






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