Salvini non esiste

Ken Russell, l’Edgar abito e altri motivi per cui questo non è un pezzo su Salvini

Questo non è un pezzo su Salvini. Non lo è per tante ragioni, ma soprattutto perché, come recita un antico adagio, il diavolo è nei dettagli, e per l’idea che mi sono fatto del diavolo ne consegue che nei dettagli risieda la crudissima realtà che fingiamo di non vedere, quella nascosta tra le pieghe di ciò che riteniamo accettabile. L’ho presa un po’ alta, perciò vorrei tranquillizzarvi: non sto per scrivere un pippone hegeliano; sto semplicemente dando forma ad una constatazione che non mi dà pace da giorni.

Quello che state leggendo è il settantesimo articolo in poco più di un anno che scrivo su questo blog, ma nessuno dei pezzi che ho scritto finora ha mai avuto come protagonista Matteo Salvini. Non me ne ero mai reso conto ma, per quanto sembri assurdo, in queste pagine virtuali su cui spesso scrivo della nostra classe politica e dei suoi tratti più ridicoli, l’attuale ministro dei trasporti nonché vicepremier con licenza di umiliarsi è quasi del tutto assente, se non per brevi riferimenti sparsi qui e là. Quale sia la ragione di tale mancanza mi è stato chiaro quando quel video lì, di cui stanno parlando tutti, ha iniziato a girare e ho pensato che ci fosse del buon materiale.

Non scrivere di Salvini non è una scelta o una posizione ideologica – qui vige l’uguaglianza: non conta un cazzo nessuno – e di certo non è la prima volta che il capitano dei grassi saturi offre materiale rendendosi ridicolo a mezzo video, men che meno visto il ginepraio di minchiate in cui il governo Meloni si addentra sempre più ogni giorno che Dio manda sulla terra. Eppure anche questa volta, come tutte le altre, più il pezzo prendeva forma nella mia testa e più la figura di Salvini spariva quasi inconsciamente da una vicenda che sulla carta lo vorrebbe protagonista indiscusso. Non me ne capacitavo, poi, al decimo replay del video, un fermo immagine mi ha ricordato “Stati di allucinazione” e tutto mi è stato chiaro. Non scrivo pezzi su Salvini – e nemmeno questo lo è – per un semplice motivo: Salvini non esiste.

Certo, mi direte, esiste una figura goffa e tronfia che tutti noi colleghiamo al nome di Matteo Salvini, ed è la stessa figura che compare in quel video con l’illuminazione affidata a un tecnico luci daltonico e sbronzo. Certo, c’è un Matteo Salvini imputato a Palermo che rischia 6 anni di prigione per un’accusa di sequestro di persona. Certo, a qualcuno dev’essere intestato il conto su cui ogni mese arriva lo stipendio da senatore con quel nome. Certo queste e tutte le altre fantomatiche prove della sua esistenza, ma siete davvero certi di potervi fidare dei vostri sensi e di non essere preda della sindrome di Ken Russell?

Pensateci: chi è Matteo Salvini? È il secessionista con la maglietta “Padania is not Italy” o il sovranista che parla di “confini della patria”? È il sostenitore delle droghe leggere del ’98 o il castigatore del CBD dell’altroieri? Il paladino della famiglia tradizionale o quello con tre famiglie, due figli e un divorzio? Quello che parla da papà o quello che tiene in ostaggio su un gommone i figli degli altri? Quello che bacia il rosario o quello indispettito dalle parole del Papa sui migranti? Il fustigatore degli occupanti abusivi o l’indossatore di berretti con slogan Dannunziani alle feste di CasaPound? Potrei andare avanti per un’altra quindicina di capoversi, ma voi di certo state già pensando che quelle che ho elencato siano contraddizioni analoghe a quelle di molti altri politici; e invece io vi dico che c’è di più.

C’è una sostanziale differenza tra Salvini (o il fantoccio a cui date il suo nome) e qualunque altro politico italiano, passato o presente: di Salvini non è possibile rintracciare quali siano le sue intenzioni. Mi spiego meglio: prendete un qualunque personaggio politico che non vi sta simpatico, anche quello che più disprezzate e sono certo che ad un certo punto ci sarà una cosa, una sola, di cui potrete dire che è tipicamente sua ed è in fondo ciò che lo muove. Il filo che guidava l’attività (e le contraddizioni) di Berlusconi erano i suoi interessi imprenditoriali; quello di Renzi il suo narcisismo esasperato; Bertinotti non ha mai capito la lotta di classe ma è fermamente convinto del contrario; la Meloni ha il morbo di Willy il Coyote: desiderava così tanto acchiappare il dannato pennuto un ruolo di governo che adesso che ce l’ha non sa cosa farsene e finge di essere ancora all’inseguimento; Borghezio è caduto nel pentolone di acqua del Po da piccolo, Grillo soffre di gastrite cronica, La Russa vuole diventare un busto e Gasparri pensa di essere un postino.

Andate avanti voi con chi volete, sono sicuro troverete una risposta per chiunque. Ora provate a capire cosa muova Salvini; è impossibile. Non è mosso da nessuna motivazione valida per gli altri: non ha aziende proprie da avvantaggiare, non è narcisista, non ha mai letto Marx, figuriamoci capirlo, non insegue i pennuti perché preferisce di gran lunga i maiali, la prima cosa che ha fatto da leader della Lega è stata abbandonare la cerimonia delle ampolle sul Monviso, con quel che mangia la sua gastrite si è arresa da tempo, il marmo dei busti non gli si addice e non è Gasparri. E allora perché fa quello che fa? La risposta è semplice: perché non è lui a farlo.

Matteo Salvini è un corpo morto in balia delle onde, un “Edgar abito” che viene posseduto dalle frustrazioni aliene in continua mutazione di gente con più diritto di voto che cognizione di causa. Perciò si presta alle sceneggiate ridicole, ai video mal girati in cui frigna con l’enfasi del guerriero, alle boiate sul difendere i confini da un centinaio di disperati, agli slogan sulla “difesa sempre legittima” per una tizia che investe per 4 volte uno scippatore e a chissà cos’altro mentre sto scrivendo. Perciò non ha senso, se non per del sano umorismo, sottolineare le sue contraddizioni: non sono contraddizioni se non credi in nessuno degli elementi in contrasto; non puoi contraddirti se non sai chi sei. La contraddizione è un concetto razionale, ma nulla di razionale lo scalfisce perché nulla di razionale lo muove, e ciò che non è razionale (lo so, avevo detto niente Hegel, scusate) non è reale.

Salvini non esiste, e per questo è l’arma politica definitiva in quest’epoca cretina fatta di nemici immaginari, identità fantasiose, teorie del complotto, campagne elettorali continue e petizioni online dopo piccoli fatti di cronaca. Le battute su di lui rimbalzano, la satira gli passa attraverso senza lasciare segni, dice tutto e il contrario di tutto senza un obiettivo preciso; è inconcepibile attribuirgli complicate strategie, inutile obiettare con la logica e impossibile sottolinearne il continuo populismo senza diventare a nostra volta populisti nel farlo; è – per usare un’espressione del secolo scorso – una scheggia impazzita che attende di essere presa sul serio.

È ottimo per i meme e le battute su Twitter, come d’altra parte tutti i personaggi di fantasia, ma qualsiasi contenuto più lungo che lo veda protagonista procede inesorabilmente verso una fastidiosa ridondanza. Dopo aver riassunto in 20 parole quanto sia idiota questa o quella presa di posizione, dopo un paio di capoversi scritti in uno slancio di ispirazione letteraria, cos’altro si può dire che non sia pleonastico? Non ha senso nemmeno ricapitolarle tutte, le minchiate a nome Salvini, tante sono quelle nuove che ci si perderebbe durante l’archiviazione di quelle vecchie, e comunque la smentita di ognuna di esse si esaurirebbe nello spazio di un tweet e nulla più.

Perfino il pacioso Sangiuliano ha avuto il suo tallone d’Achille – il più classico dai tempi di Adamo ed Eva – e la sua vicenda si sta concludendo (nel bene e nel male) lungo una percepibile linea razionale, ma se in queste ore state tifando per la condanna a Salvini, sperando che ne conseguano dimissioni o altro, lasciate perdere. È un esercizio inutile; non per l’immunità parlamentare, non per l’ignoranza del leghista medio, non per i continui attacchi di questo governo alle fondamenta dello stato di diritto, non per qualunque motivazione politica o logica: è inutile perché non ha senso condannare qualcuno che non esiste. Se mai succederà (e non succederà) di vedere Salvini dietro le sbarre, in galera resterebbe solamente un corpo vuoto e sudato; il coacervo di risentimento, bassa scolarizzazione e canzoni di Povia da cui quel corpo è animato si dilegueranno e torneranno ad occupare i bar di paese e i social, in attesa del prossimo Edgar abito, del prossimo William Hurt in vasca di galleggiamento, di una nuova arma definitiva della democrazia rappresentativa.

Salvini è un’allucinazione collettiva, ed è per questo che non ho scritto un pezzo su Salvini.


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