
Scrivo questo pezzo con grande apprensione, mentre seguo gli sviluppi catastrofici della serrata dei balneari: da questa mattina alle 7 si aggirano per le coste italiane migliaia di famiglie allo stremo, tedeschi in crisi di astinenza da kappuccino, olandesi color fuoco di Sant’Antonio a causa delle 2 ore mattutine di chiusura degli ombrelloni e animatori turistici costretti a raggiungere le coste della Croazia per fare una lezione di risveglio muscolare. La situazione è fuori controllo: i lidi ferraresi sembrano la spiaggia di Dunquerke nel 1940, il Salento è preso d’assalto da metallari dediti alla distruzione dei tamburelli per la taranta, sulla spiaggia di San Fruttuoso si odono addirittura frasi concilianti verso i foresti e i lettini del Twiga sono stati sostituiti con orride brandine dell’Ikea.
Per non parlare delle conseguenze economiche globali: è chiaro a chiunque abbia un minimo di confidenza con capitalismo, criptovalute e tempistiche di cagliatura del latte che 2 semplici ore di serrata dei lidi, per di più in un orario di punta come le 7 della mattina, rischiano di creare un effetto a cascata devastante che non può non mettere in allarme l’economia mondiale. La borsa di Tokyo è stata costretta a una chiusura anticipata per evitare il tracollo delle azioni sui fluffy pancake, e a Wall Street i ben informati stanno già facendo paragoni col venerdì nero del ’29, nell’ansia generale. C’è da sperare che i centri anti-suicidio siano stati allertati e che non ci scappi la carneficina.
È in questo clima proto-apocalittico che mi accingo ad affrontare un’altra enorme questione che, data la portata e l’influenza sulla geopolitica internazionale, sta occupando giustamente le prime pagine dei giornali e dei siti d’informazione italiani: Briatore ha annunciato la prossima apertura – entro la fine dell’estate – del suo Crazy Pizza a Napoli. Una notizia che dovrebbe inorgoglire chiunque ha a cuore la nobile tradizione culinaria italiana nel mondo, nonché la popolazione partenopea che potrà finalmente fregiarsi della pizza-experience che ha conquistato Riyadh e Kuwait City; invece, al solito, cotanta notizia è stata accolta dagli strali velenosi dell’ormai noioso e ripetitivo carrozzone di indignazione e puerile sarcasmo della sinistra marxista antipatriottica.
Di fronte agli articoli dedicati al visionario imprenditore che tutto il mondo ci invidia, i facinorosi antioccidentali minacciano sit-in armati di pizza a portafoglio da 4 euro, si lanciano in previsioni iettatorie sul futuro dell’attività, polemizzano sulla margherita a 17 euro e le pizze gourmet da 65, sull’ostentazione del lusso ingiustificato e accusano addirittura le nostre nobili testate giornalistiche di essere talmente alla canna del gas da far passare per articoli di costume delle palesi pubblicità, con tanto di indirizzo, listino prezzi, logo in evidenza e tutte cose nella speranza che il sedicente articolo venga rilanciato sui social dal luminoso dirigente dallo stipendio di giada. Quanta malafede.
È davvero desolante vedere quanta cattiveria risieda nelle frange social di una sinistra che insiste a voler decidere quali siano gli argomenti giusti e quelli sbagliati che i giornali dovrebbero trattare. Proprio loro che fino a ieri si scagliavano contro la nostra premier, coadiuvati dalle faziose analisi della Commissione Europea, con insensate accuse di censura alla libera informazione. Proprio loro che accusano i giornali di dipingere – con una prospettiva distorta e volta ad ingigantire questioni minori – un’attualità che non esiste, nascondendo invece una realtà che – secondo la loro visione imbottita di ideologia green e fuffa woke – mostrerebbe balneari avidi interessati soltanto a occupare proprietà demaniali a costo praticamente nullo per poi far pagare cifre astronomiche per un lettino, imprenditori con la fissa di pisciare in testa ai poveri e fottere l’erario, e per finire una destra di governo così fallimentare in ogni ambito – dai trasporti alla cooperazione internazionale – da accanirsi sul contenuto genitale di un paio di innocenti pantaloncini da pugilato.
Fortunatamente le accuse – tanto alla politica quanto all’impeccabile e per nulla disperato giornalismo italico – trovano la strenua resistenza non solo di nobili condottieri deontologici come Belpietro o Capezzone – instancabili discepoli di Bernstein e Woodward che ogni giorno sbugiardano i tentativi della propaganda sovversiva con inchieste inoppugnabili – ma anche della solida fanteria politica del centrodestra, dalla quale spiccano il mestiere e la classe del sempre lucido Generale Vannacci.
Proprio un paio di sere fa, l’europarlamentare che il Lesotho può soltanto sognare si è preso gioco con grande stile delle circonlocuzioni finto-intellettuali dei bolscevichi al soldo dei ricchioni, mettendoli maschiamente al muro sulla cruciale questione di Imane Khelif, con un semplice “io non avrei problemi a slacciarmi i pantaloni per dimostrare di essere uomo”. Battuta peraltro di pregevole fattura e decameroniana memoria che, inutile specificarlo, ha mandato in crisi l’opposizione. I difensori dell’amore libero e del pride, i sedicenti antibigotti, di fronte a un generale fiero della propria attrezzatura come ogni vero cristiano, nonché pronto a mostrarla pubblicamente a chiunque osasse dubitare dei suoi livelli di testosterone, hanno finito per indignarsi e inorridire, richiamando questioni di garbo istituzionale e galateo.
Ancora adesso sui social, li avrete visti, tentano di appellarsi a nobili principi e al contempo vilmente si scagliano in ipotesi meschine sulle misure del Generale; ma la calunnia è un venticello, e per fortuna i giornali che resistono alle pressioni dei wokisti di Bruxelles ci sono ancora e lottano con noi, relegando le inutili polemiche della sinistra su fantomatici “problemi del paese” ai trafiletti e alle vignette di Osho, per dare il giusto spazio tanto alla tragedia dei balneari derubati delle concessioni quanto alla grande imprenditoria di Briatore e, non ultimo, allo spessore morale (e non solo) della testa di cuoio di La Spezia.
Ora scusate ma vi devo lasciare, la protezione civile sta organizzando una catena umanitaria per soccorrere gli sfollati di Gabicce Mare e mi sono offerto di preparare 70.000 kappuccini serali per i turisti tedeschi.
Il pezzo che avete appena letto è frutto di uno studio sull'effetto trompe-l'oeil del giornalismo in crisi applicato a questioni insignificanti come una serrata dei servizi balneari che termina prima di colazione, l'ennesima pizzeria pretenziosa per turisti facoltosi e plebaglia con aspirazioni snob, o l'esibizionismo di un generale costretto a cavillare sui regolamenti sportivi pur di racimolare una scusa per abbassare la zip di fronte a qualcuno.
Mi preme ricordarvi che l'illusione della profondità è un trucco ottico di grande effetto, ma basta fare due passi di lato e cambiare angolazione per scoprire che la profondità non c'è, e che dietro i "mi creda, si stupirebbe" detti con la patta chiusa, statisticamente, c'è un cazzo molto piccolo.






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