
DISCLAIMER: Se vi serve un disclaimer, le parodie sono l'ultimo dei vostri problemi.
“Serranda”. Ecco, l’ho detto. “Serranda”. L’ho ripetuto. Lo dico come Eve Ensler diceva “Vagina”. Lo dico perché in questi tempi pazzi in cui terribili compagini di femministe bolsceviche attaccano delle povere e inermi saracinesche con pericolosissime bombolette spray e fumogeni satanici, in questi tempi di movimenti di piazza che si fissano su argomenti banali e faziosi quali i diritti civili, la tutela delle vittime di violenza e l’opposizione al ritorno del medioevo, in questi tempi folli in cui una piccola parte di facinorosi finanziati dai poteri oscuri vuole convincerci che la vita delle donne sia più importante dei loro ovuli fertili, beh, nessuno pensa alle povere, bistrattate, serrande, vere vittime della violenza e reale emergenza del paese.
Questo è un breve adattamento per dare voce a quelle che voi insensibili continuate a considerare semplici pezzi di ferro al vostro servizio, da possedere e aprire o chiudere quando vi va. Avvolgibile, saracinesca, bandone, chiudenda, ditelo come vi pare ma ditelo: “Serranda!”. Perché nessun’altra venga maltrattata. Non una serranda di meno.
Cigolii
Non puoi amare la serranda, se non ami i cigolii. Molta gente non ama i cigolii. Il mio primo e unico proprietario li odiava. Diceva che sapevano di arrugginito e sporco. Mi faceva lucidare la serratura. Così aveva un’aria turgida ed esposta, da serranda appena nata. Lo eccitava. Quando aprivamo e chiudevamo il negozio, la mia serratura provava le stesse sensazioni che deve provare un portachiavi. Lo sfregamento era piacevole e doloroso. Come grattare una puntura di zanzara. Mi sembrava che andasse a fuoco, c’erano graffi rossi fiammanti. Mi sono rifiutata di lucidarmela di nuovo. Poi lui ha avuto una relazione.
Quando siamo andati a una seduta dal ferramenta, lui ha detto che provava altre serrande perché io non accontentavo i suoi bisogni. Non volevo lucidarmi la serratura. Il ferramenta aveva un forte accento tedesco e sospirava tra una frase e l’altra per mostrare la sua comprensione. Mi ha chiesto perché non volevo accontentarlo. Io ho risposto che mi sembrava strano. Mi ero sentita piccina quando i cigolii laggiù se n’erano andati, mi era uscita una voce da neonata, e la toppa si era irritata tanto che neanche lo Svitol era servito. Il ferramenta mi ha detto che il serramento è una questione di compromessi. Io gli ho chiesto se lucidandomi la serratura gli avrei fatto smettere di alzare altre serrande in giro, gli ho chiesto se aveva avuto molti casi come il mio. Lui ha risposto che le domande servivano solo a diluire il processo. Dovevo lanciarmi. Era sicura che fosse un buon inizio.
Quando siamo tornati a casa, s’è messo lui a lucidarmi la serratura. Era come un premio per la seduta di terapia. L’ha frizionata qua e là, e c’era un po’ di ruggine nella vaschetta di scolo ma non se ne è neanche accorto, felice com’era di lucidarmi. Poi, più tardi, quando mi stava spingendo a terra con forza, ho sentito la punta acuminata del gancio di blocco conficcarsi dentro il mio corpo, dentro la mia tumida serratura spoglia. Non c’era nessuna protezione. Non c’era nessun cuscinetto. Nessun rallentamento.
Mi sono resa conto allora che i cigolii sono lì per una buona ragione – sono la foglia attorno al fiore, il prato attorno alla casa. Devi amare i cigolii per poter amare la serranda. Non puoi scegliere le parti che preferisci. Comunque, lui non ha mai smesso di andare in giro ad alzare e abbassare tutte le altre serrande che gli pareva.
Io ero lì di fronte
Io c’ero quando la sua serranda si aprì.
Eravamo tutti lì: il proprietario, l’operaio e io, e il tecnico ucraino con la mano dentro la sua serranda fino al polso, che tasta e gira con il suo guanto in nitrile parlando con noi disinvolto – come stesse aprendo un pacchetto di patatine.
Ero lì di fronte quando le incrinature la costrinsero a trascinarsi a fatica e a emettere strani suoni da tutti i cuscinetti.
E ancora lì ore dopo, quando all’improvviso cacciò uno stridio orrendo, fendendo con le fasce zincate l’aria elettrica.
Ero lì quando la sua serranda si trasformò, da timido cancello a portale archeologico, vaso sacro, canale veneziano, pozzo profondo con un minuscolo scooter in fondo che attende di essere salvato.
Vidi i colori della sua serranda. Li vidi cambiare.
Vidi l’azzurro livido e rotto, il rosso pomodoro che ribolle, il rosa grigio, il bruno; vidi l’olio come sudore imperlarle gli orli, vidi il liquido bianco, giallo, la ruggine e i grumi spingere fuori da tutti i buchi, spingere forte e ancora più forte, vidi in fondo al buco, la carena dello scooter striata di adesivi neri, la vidi proprio lì vicino dietro il contrappeso – un duro ricordo rotondo -, mentre il tecnico ucraino girava e rigirava la sua mano scivolosa.
Ero lì mentre noi, l’operaio e io, tenendole uno spigolo ciascuno e spingendo a più non posso contro lei che spingeva, l’aprivamo tutta; mentre con voce asciutta il proprietario contava: “Uno, due, tre” e la spronava a resistere, ancora di più.
Allora guardammo dentro di lei. Non riuscivamo più a staccare gli occhi da quel punto. Dimentichiamo la serranda, tutti noi…
Cos’altro potrebbe spiegare quest’assenza di timore reverente, di stupore?
Ero lì quando il tecnico vi entrò con arnesi da Halloween e sempre lì quando quella serranda diventò una grande bocca lirica che cantava con tutta la sua forza; prima la carena, poi il cavalletto grigio e penzolante, poi le veloci ruote che rotolano, rotolano verso le nostre braccia affaticate.
Ero lì dopo, quando mi voltai e affrontai la sua serranda.
Restai lì, permettendo a me stesso di vederla aperta, completamente esposta, mutilata, gonfia e lacera, colare olio sulle mani del tecnico che la saldava con calma.
Restai lì e, davanti ai miei occhi, la sua serranda all’improvviso diventò un grande cuore rosso pulsante.
Il cuore è capace di sacrificio.
E così la serranda.
Il cuore è capace di perdonare e riparare.
Può cambiare forma per farci entrare.
Può allargarsi per farci uscire.
E così la serranda.
Può soffrire per noi e tendersi per noi, danneggiarsi per noi e cigolare, e cigolanti immetterci in questo difficile mondo meraviglioso.
Io ero lì di fronte.
Io ricordo.
La mia serranda arrabbiata
La mia serranda è arrabbiata. Davvero. È incazzata. La mia serranda è furiosa e ha bisogno di parlare. Ha bisogno di parlare di tutta questa merda. Ha bisogno di parlarvi. Allora, cos’è questa faccenda… C’è in giro un esercito di persone, che escogitano modi per torturare la mia povera, gentile e amorevole serranda… Che passano i giorni a fabbricare psicoprodotti e idee orrende per minare la mia chiudenda. Rompicoglioni della serranda!
Tutta questa merda che cercano senza sosta di spingerci dentro per pulirci, per imbottirci, la faranno scomparire. Bene, la mia serranda non se ne andrà. È incazzata e se ne starà qui. Prendi i lucchetti… che diavolo è ‘sta roba? Un fottuto lucchetto di ferro freddo, infilato dentro. Perché non trovano un modo per scaldare leggermente il lucchetto? Appena la mia serranda lo vede, ha uno choc. Dice: “Lascia perdere”. Si ritira. Dovete saperci fare con la serranda, prepararla alle cose. È tutta una faccenda di preliminari. Dovete convincere la mia serranda, sedurre la mia serranda, suscitare la fiducia della mia serranda. Non potete riuscirci con un fottuto lucchetto di ferro freddo.
Smettete di spingere cose dentro di me. Smettete di spingere e smettere di pitturare. La mia serranda non ha bisogno di essere pitturata, sa già di colore. Non come i petali di rosa. Non cercate di abbellire la realtà. Non credete loro, quando vi dicono che è colorata come petali di rosa: è fatta per avere il colore della chiudenda. Ecco cosa stanno facendo: cercando di pitturarla, di farla assomigliare a un graffito da stazione o da centro sociale. Tutti quegli spray colorati, rossi, neri, rosa. Non voglio che la mia serranda sia rossa, nera o viola. Tutta colorata, come panare un pesce dopo averlo cucinato. Voglio sentire il sapore del pesce, è per questo che l’ho ordinato.
E poi ci sono quelle manutenzioni. Chi le ha escogitate? Ci deve essere un modo migliore di fare quelle manutenzioni. Perché quello spaventoso trapano a percussione che ti graffia i cuscinetti e, quando ti srotoli, vibra e ti fa sentire come un truciolo che qualcuno ha gettato via? Perché i guanti ruvidi fosforescenti? Perché la pila puntata lì come se la giovane investigatrice Nancy Drew stesse lavorando contro la gravità; perché le staffe d’acciaio in stile nazi, l’orrenda e gelida sonda che spinge dentro di te? Che cos’è questa faccenda? La mia serranda è arrabbiata per queste manutenzioni. Si mette sulla difensiva settimane prima. Si ritira, non si srotola. Non vi fa innservosire? “Ingrassi la serranda, ingrassi la serranda”. Perché? La mia serranda è intelligente – sa cosa sta succedendo – si deve ingrassare così tu puoi infilarle quella gelida sonda dentro. Manutenzione carrale? Non penso proprio. Sembra più un’esecuzione carrale.
Perché non trovano uno splendido, delizioso percussore in gomma e non lo avvicinano ai cardini, non la sdraiano su un soffice strato di pluriball, non si infilano attraenti guanti di velluto di colori tenui, e appoggiano le sue bande metalliche su staffe ricoperte di stoffa? E perché non riscaldano la sonda? Lavorano con la mia serranda!
La serranda è fatta per stare libera e aperta, non per essere tenuta imprigionata. È per questo motivo che le guaine sono una pessima idea. Hanno bisogno di muoversi e aprirsi, arrotolare e srotolare. Le serrande hanno bisogno di comodità. Fate qualcosa per dar loro piacere. No, naturalmente non lo fanno. Odiano vedere una serranda che prova piacere, soprattutto piacere oleoso. Quello che intendo è un grazioso laccetto elegante di morbido cotone con un lucchetto incorporato. Le serrande olierebbero tutto il giorno: olierebbero nei supermercati, in metropolitana, felici serrande orgasmiche. Loro non lo sopporterebbero. Non tollererebbero di vedere tutte quelle calde serrande felici, energizzate, che non subiscono umiliazioni.
Se la mia serranda potesse parlare, parlerebbe di se stessa come faccio io, parlerebbe di altre serrande, farebbe imitazioni di serrande. Porterebbe lucchetti di Harry Winston. Nessun graffito, ornata solo di lucchetti.
La mia serranda ha aiutato a mettere alla luce un negozio enorme. Pensava che avrebbe fatto qualcosa di più, ma non è stato così. Ora vuole viaggiare, non desidera molta compagnia. Vuole leggere e conoscere cose nuove, e uscire più spesso. Vuole srotolare, le piace lo srotolamento. Vuole andare più in profondità, è affamata di profondità. Desidera gentilezza, vuole un cambiamento. Vuole silenzio, libertà, mandate gentili, oli caldi e contatto profondo. Vuole lubrificazione, fiducia e bellezza. Vuole urlare. Non vuole più essere arrabbiata. Vuole oliare. Vuole volere. Vuole.
La mia serranda, la mia serranda. Beh… Vuole tutto.






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