Bot Hanna

Di adescatrici automatizzate, bisogno di endorfine e canzoni di De André

C’è una nuova eroina in città, e non sto parlando di sostanze psicotrope. C’è una nuova eroina dalle fattezze orientali che ha catalizzato gli sguardi e i cuori di quello che una volta era “il social degli intelligenti”.

Sarà che il capostipite del microblogging è diventato il nuovo giocattolo prescolare del miliardario capriccioso più sopravvalutato della storia; sarà che senza percepire così fastidiosa la presenza dei bot nessuno appoggerebbe l’idea ventilata dallo stesso Musk di “far pagare una piccola cifra a tutti gli utenti per eliminare i bot”; sarà per questa o per mille altre ragioni che solo Red Ronnie saprebbe spiegarci, ma da qualche tempo a questa parte su Twitter (sì, lo so che non si chiama più così, ma io non mi sono ancora ripreso dal cambio di nome della SIP, lasciatemi stare) ha preso piede un fenomeno che di certo non è nuovo sui social, ma che senza dubbio non è mai stato così pressante: i bot porno che cuoricinano a caso.

Nelle ultime 48 ore, in particolare, è accaduto un fatto strano che rischia di spazzare via gli interessantissimi dibattiti sulla frutta del supermercato: un numero imprecisato di bot con lo stesso nome ha invaso i tweet di mezza Italia, causando inevitabile ironia e anche un po’ di fastidio al punto tale che ormai da ore, a forza di hashtag e meme, il nome di Hanna staziona stabilmente al primo posto del trend topic, in barba a crisi internazionali, terremoti, carbonare con la panna e altri disastri.

Inutile specificare che questa fantomatica Hanna ha le sembianze di una donna piacente e disinibita, i cui profili promettono contenuti vietati ai minori a cui accedere tramite link affidabili quanto una promessa elettorale. Ora, non sarò certo io a pontificare sul fatto che evidentemente se questi bot esistono è perché qualcuno ci casca con tutte le scarpe, non mi soffermerò sui lineamenti orientali di tutte queste Hanna che in barba alle teorie di Vannacci fanno colpo sul maschio italico, né tantomeno metterò becco sulle prevedibili filippiche riguardo a quanto sia dimostrazione di un mondo sessista e patriarcale che l’equivalente maschile di questi bot non esista, o comunque abbia numeri talmente esigui che a confronto i raduni di Italia Viva paiono il Lollapalooza; vorrei invece tentare un elogio della bistrattata Hanna prima che arrivino i gendarmi con i pennacchi e con le armi.

In queste ore nella mia bolla si sta scatenando (e io ne ho ovviamente preso parte, per chi mi avete preso?) tutto il panorama delle reazioni al fenomeno, dalle battute brillanti alle reprimende, da chi mostra con orgoglio di star bloccando i molteplici profili di Hanna a chi le dedica ironiche rivisitazioni di grandi classici sanremesi. Ma perché lo stiamo facendo? Qual è il grande non detto? Perché i cuoricini di Hanna ci smuovono tutte ‘ste fregole?

Ci pensavo mentre leggevo le battute a riguardo ridacchiando tra me e me, finché ne ho pensata una anch’io, l’ho scritta, pochi secondi dopo è arrivato il prevedibile cuoricino di una delle tante Hanna e ho capito. Ho capito che gli unici ad agitarsi per Hanna sono quelli che di Hanna si accorgono, e di Hanna ce ne accorgiamo noi poveri piccoli utenti social che appena arriva un like corriamo a vedere di chi è, noi che non sopportiamo il cerchiolino col numeretto nell’angolo dell’icona di Twitter, noi che appena arriva una notifica sentiamo che qualcuno ci considera, e anche fosse un complottista evangelico o un esaltato semplice che sbraitano i loro insulti andrebbe comunque bene, ormai le endorfine sono arrivate e ci sentiamo meglio.

Ve l’immaginate una Ferragni che si accorge di un singolo like, o una qualsiasi delle Kardashian che corre stupita a controllare chi è stato così celere nel piazzare un cuoricino sui suoi post? No, certo che no, perché nella loro vita da influencer – o qualsiasi mestiere facciano – un singolo like in più o in meno non sposta nulla, mentre nelle nostre vite di plebei digitali fa la differenza. I bot da adescamento esistono da che esiste internet, e se chiusi nelle nostre stanzette ci diciamo che è tutta colpa dei cinquantenni allupati che cascano nelle truffe pornografiche come cascavano negli abbonamenti alle suonerie polifoniche, la realtà è che il vero bacino di utenza, la vera base clientelare, siamo noi che in queste ore ci divertiamo col #CineHanna.

Ora lo so che starete giurando che non è così, che voi scrivete quel che scrivete per il puro desiderio di esprimere la vostra opinione e non prestate attenzione ai cuoricini, lo so che alcuni di voi hanno qualche decina di migliaia di follower e di conseguenza è statisticamente improbabile che si ritrovino dei tweet con zero desolanti like, eppure di quell’avvenente viso nipponico vi siete accorti, alcuni di voi lo sono perfino andati a cercare per sentirsi parte del trend, e non fraintendetemi, in questa foga ci sono dentro di gran lunga pure io, però ammettiamolo: abbiamo più bisogno noi di lei di quanto lei ne abbia di noi.

E allora plaudiamola ‘sta benedetta ragazza, erigiamo un monumento alla nostra Hanna e alla sua impavida missione, ché appena scesa alla stazione nel paesino di Twitter tutti ci siamo accorti che non si trattava di un missionario, ma comari o non comari, cagnette senza osso, parroci, sbirri o carabinieri, quando la cara Hanna si trasferirà in altri lidi più proficui ci ritroveremo tutti in processione, con gli occhi rossi e il cappello in mano a salutare chi senza pretese portò endorfine nel paese.

E con le vergini in prima fila e migliaia di Hanna poco lontane, si porta a spasso per il paese il Twitter sacro e l’X profano.


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