Se questo è un furto

Cronaca estiva di una rapinabilità perduta        

Qualche anno fa l’interessantissimo dibattito estivo sugli scontrini riguardava una cena da Cracco a 300 euro, oggi i giornali titolano a quattro colonne per 2 euro del taglio del toast o 50 centesimi del ghiaccio del caffè, e io non faccio che pensare che se non è crisi economica questa non saprei come altro chiamarla.

Leggo annoiato le polemiche sui piattini di condivisione e l’aggiunta di ingredienti con sovrapprezzo sulla pizza, e in mezzo a tutto questo vociare non c’è nessuno che parli dell’enorme elefante nella stanza. È inutile girarci intorno: sono finiti i soldi.

Ve li ricordate, i soldi? No, non sto parlando di economia mondiale, calciatori strapagati, transazioni virtuali, ricchezza digitale, Bitcoin e tutti i fantasiosi nomi con cui ci illudiamo di essere ricchi comprando su Shein e volando EasyJet. Sto parlando di soldi. Quelli che quando li vincevi al totocalcio ti cambiavano la vita; quelli che se non li avevi cenavi a casa, ma se li avevi, al ristorante facevi lo splendido e non il contabile pignolo con l’indignazione facile; quelli che finivano sui giornali perché intasavano gli scarichi del water dei socialisti; quelli che Poggiolini nascondeva nelle fodere degli arredi di casa insieme ai lingotti d’oro; i soldi. Contanti. Cash. Spendibili. Rapinabili.

In questi giorni ho ascoltato “Lutring – Il maestro della rapina”, podcast disponibile su Audible in cui Carlo Lucarelli racconta la vita di Luciano Lutring, gangster educato, ladro gentiluomo e ultimo (o forse unico) rappresentante della mala romantica milanese. Un personaggio talmente lontano dall’idea del criminale a cui siamo abituati da sembrare il protagonista di una fantasiosa finzione letteraria più che un essere umano in carne e ossa.

Quella del cosiddetto “solista del mitra”, però, non è soltanto la storia avventurosa di un ladro; come per tutti i racconti degni di nota, è anche la storia di un’epoca, di un contesto sociale e, in questo caso, soprattutto economico. Tra l’epoca in cui scandagliamo gli scontrini e quella in cui Lutring entrava in banca o in una gioielleria per fare una rapina – con un mitra scarico nella custodia del violino e un mazzo di fiori per la commessa – ci sono molte ovvie differenze, ma la più evidente, quella che ogni dettaglio urla a squarciagola e che più ci rifiutiamo di ammettere, è che ai tempi della Ligera c’erano i soldi. I soldi veri. Mentre adesso, di “liger” ci sono solo i nostri portafogli.

Negli anni ’60, coi soldi, nasceva il turismo di massa: le aziende chiudevano per un mese, le città si svuotavano e Lutring si trasferiva in riviera per svaligiare le macchine dei turisti e rastrellare contanti e gioielli; oggi, con la ricchezza percepita, c’è il turismo mordi e fuggi: le aziende restano aperte, le città piene, i TG possono gridare all’esodo solo durante i ponti e la cosa più di valore che Lutring troverebbe nelle valigie sarebbero le calcolatrici per controllare gli scontrini.

Più vedo polemiche sui centesimi di sovrapprezzo e più penso alla vita grama dei rapinatori: illusi che sia rimasto qualcosa da rubare per colpa dei social pieni delle vacanze instagrammabili, dei lussuosi aperitivi in spiaggia scontati su Groupon, dei sold out farlocchi ai concerti, dei #ciaopovery e dell’invidia sociale che abbiamo trasformato in mantra. Me li vedo, poveracci, mentre scandagliano i social come una volta perlustravano i quartieri alla ricerca di vacche grasse per poi ritrovarsi a ricettare manzo di terza scelta.

E d’altra parte cosa vuoi rubare dalla casa di gente che va in vacanza a Porto Cervo per lamentarsi del costo di una pallina di gelato? Cosa vuoi rubare a comitive di otto persone che al ristorante si dividono tre pietanze per poi lamentarsi che il ristoratore faccia pagare gli otto piatti che gli tocca lavare per colpa degli spilorci? Cosa vuoi rubare se nelle pubblicità degli antifurti hanno smesso di parlare del valore degli oggetti e puntano tutto sul trauma psicologico della violazione di domicilio?

Questo è il punto in cui non capite l’iperbole e mi accusate di istigazione al furto. Fatto? Ok, proseguiamo.

La rapinabilità di un’epoca è direttamente proporzionale alla ricchezza – un concetto talmente ovvio che mi pare assurdo sottolinearlo – eppure basta farsi un giro tra le opinioni della gente per vedere che ci ostiniamo ad aggrapparci al costo di uno smartphone per dire che in realtà la ricchezza c’è, molto più di prima, ma la sprechiamo in cose inutili perché siamo viziati; come se avere uno smartphone in un’epoca in cui pure il cartellino da timbrare al lavoro e il menu al bar sono dei QRCode sia l’equivalente della settimana bianca del Dogui e non della bianchina di Fantozzi.

Mentre penso al bassissimo livello di rapinabilità che continuiamo a mascherare malissimo, leggo le accuse di classismo per i balneari che dicono di voler puntare sul lusso e abbandonare il turismo di massa (come se prima vendessero gli ombrelloni alle famigliole per combattere il capitalismo in un impeto marxista-leninista); leggo le grandi inchieste della stampa che ci possiamo permettere sulla sproporzione tra l’aumento della corrente per la macchina del ghiaccio e il ricarico sulle granite a Taormina; leggo che va bene il sovrappiù per la doppia mozzarella sulla pizza, ma allora mi devi fare lo sconto per il poco pomodoro; leggo tutto ciò e provo a immaginare dove sia il fondo del ridicolo.

Quanto basso deve essere il sovrapprezzo che non ci possiamo permettere per finirla con queste pagliacciate? Quanto vogliamo ancora travestire da lotta di classe la patetica ricerca di uno sconticino fatta a suon di hashtag nel tempo libero? Quanti altri voli low-cost intercontinentali per poi mangiare nei fast-food dobbiamo acquistare? Quanti abiti di seconda mano vogliamo indossare sui lungomare in Costa Azzurra fingendo che abbia senso? Quanto altro tempo libero sui social dobbiamo passare a condividere questa indignazione ridicola invece di realizzare che l’unica cosa davvero condivisa è la fine dei soldi?

Ma soprattutto, ora che gli anni della Ligera sono lontanissimi e pure il reddito di cittadinanza è stato tolto, chi ci pensa alla sopravvivenza di quei poveri rapinatori costretti a tirare a campare in un paese che chiama “furto” un ricarico di 50 centesimi?


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