Adolesc(em)enza

Le Lamborghini, i sassi dal cavalcavia e la constante dei ventenni scemi

Dio o chi per lui mi conservi il sarcastico ribrezzo che sto provando per i miei coetanei. Gli stessi coetanei che ho visto a 15 anni girare ubriachi con motorini senza targa a fari spenti per non farsi beccare; coetanei che ho visto andare in coma etilico, aspirare più polvere di un Dyson e consumare qualsiasi cosa solida liquida o gassosa che fosse vagamente pericolosa e preferibilmente illegale fino a non più di 10 anni fa (e solo perché la maggior parte di loro ho smesso di frequentarli); coetanei che alla soglia dei quaranta si fanno chiamare con quei soprannomi idioti che si danno a vent’anni e che 9 volte su 10 derivano da episodi di cui la questura è fortunatamente all’oscuro; coetanei che in questi giorni pontificano su quanto i giovani d’oggi siano irresponsabili e pericolosi.

Adoro sentire i discorsi di quelli che cercano di convincermi che da giovani non erano scemi, e anche se un po’ lo erano comunque non lo erano così tanto; facevano qualche cazzata, certo, ma erano più responsabili, più rispettosi, più maturi. Sembrano crederci davvero mentre mi raccontano queste favole come se io fossi un alieno appena giunto sulla terra da un pianeta lontanissimo e non un loro contemporaneo nonché amico e compagno di un discreto numero di quelle maturissime e responsabili serate. Li adoro perché mentre ascolto quei racconti capisco cosa debbano provare le donne mentre sentono uomini che sono passati anche per le loro mutande raccontare di acrobazie da materasso e numeri inverosimili e, amiche, ve lo devo dire: non so come facciate a non riderci in faccia ogni 12 secondi; io al posto vostro non farei altro.

Non ho mai capito questa necessità di fare revisionismo su ciò che si è fatto da adolescenti, sospetto sia un residuo di millenni di religioni varie, ma non divaghiamo; per fortuna per ora ne sono avulso, ma non so se e quando finirò anch’io in questo ridicolo vortice e quindi vorrei cogliere l’occasione per ribadire un’ovvietà che forse la demenza mi farà negare: i ventenni sono scemi. Tutti i ventenni. Non i ventenni di oggi, non quelli che non sono vostri parenti, non quelli con cui non condividete la tifoseria. Tutti.

A vent’anni si è scemi, e lo si è in modo perfetto, perché si è abbastanza grandi da avere un minimo di indipendenza, ma non ancora abbastanza da avere grosse responsabilità, perlomeno da quando non si inizia più a lavorare a 8 anni e non ci si sposa a 13. Anche vostra madre, anche quel vostro zio con 18 lauree, un lavoro serissimo e un ingiustificato numero di cravatte, anche il Papa, a vent’anni erano scemi; è una costante, ed è giusto così.

Lo so, lo so che è difficile sostenerlo in questi giorni in cui non si fa altro che parlare di un gruppo di ventenni che facendo gli scemi con una Lamborghini ha ammazzato un bambino, e certo che sono degli scemi e ciò che hanno fatto è terribile – davvero c’è bisogno di ribadirlo? – ma non è successo perché “una volta i giovani erano responsabili e oggi no”, non è successo perché “a forza di stare sui social sono tutti rincoglioniti”, non è successo perché “bisognerebbe rimettere il servizio militare, così imparerebbero un po’ di disciplina” (questa di solito precede una serie di racconti di naja talmente disciplinati che Steven Tyler prenderebbe appunti); è successo perché dei ventenni hanno fatto una cazzata da ventenni e non hanno avuto il culo che invece ha avuto la maggior parte di quelli che oggi vi raccontano che a quell’età tornavano a casa presto, bevevano crodino all’oratorio e dicevano il rosario prima di andare a letto.

Questo è il momento in cui vi indignate perché ho detto che i ragazzini non hanno avuto culo, quando invece quello sfortunato è il bambina che è morto e loro sono dei delinquenti che non vanno scusati.

Fatto? Bravi, ora disperdetevi pure.

Quei ragazzi non hanno avuto la fortuna di poter ridurre il tutto a una cazzata, la fortuna che ho avuto io quando è stato il mio turno di far cazzate da ventenne, la fortuna che hanno avuto i miei coetanei di cui sopra ad arrivare a casa coi fari spenti senza incrociare un camion all’improvviso o a non investire nessuno mentre tornavano a casa in macchina con gli occhi di Maradona ai mondiali del ’94. Non è una scusante e non deve esserlo, ma non è e non deve essere un motivo nemmeno per fare il contrario. Pagheranno le conseguenze delle loro azioni come succede a chiunque, ma la retorica del “ai miei tempi non sarebbe mai successo” anche no.

Ai miei tempi, e me lo ricordo bene, c’erano quelli che lanciavano i sassi dal cavalcavia. Ve li ricordate? Certo, non eravate mica voi, voi stavate all’oratorio a bere tè freddo e giocare a ramino, figuriamoci. Eppure era un bel po’ di tempo fa, un bel po’ prima dei social, della banda larga, del cellulare. Erano tempi in cui gli omologhi dei miei coetanei di oggi davano la colpa ai videogiochi violenti, alla TV, alla musica metal, in un modo incredibilmente simile a quello in cui oggi sento i miei amici quarantenni metallari dire che a forza di ascoltare Sfera Ebbasta e tutto quello schifo di musica trap è ovvio che i giovani d’oggi non abbiano rispetto per niente e nessuno e crescano come dei delinquenti.

Dio o chi per lui mi conservi il sarcastico ribrezzo che continuo a provare per chi è così poco maturo da non voler ammettere di essere stato un ventenne fortunato, ma soprattutto un ventenne scemo come tutti gli altri. E quando non potrà più conservarmelo, Dio o chi per lui mi faccia investire da una Lamborghini impazzita dopo che un sasso dal cavalcavia ha sfondato il vetro, e che a guidarla sia Sfera Ebbasta con i Cannibal Corpse nello stereo.


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