Chi vi ama non vi supercazzola

Il gaslighting di Michela Murgia e la relazione tossica che non volete ammettere

Sinistra, siediti, dobbiamo parlare.

È da tanto che ti vedo così: sofferente, spaventata, impegnata a prenderti le colpe anche quando non sono le tue, a cercare di mascherare goffamente quei segni evidenti e giustificare al mondo le situazioni in cui quell’individuo ti trascina, ma così non può andare avanti. Lasciati aiutare, io da fuori lo vedo quanto è tossica la vostra relazione, posso darti una mano, non ti lascerò sola.

Non reagire così, è chiaro che ne sei innamorata, ma ascoltami: devi affrontare la realtà, non puoi continuare a permettere che questa persona ti annichilisca e distrugga giorno dopo giorno le fondamenta di ciò che sei. I compromessi vanno bene, adattarsi e venirsi incontro sono cose che facciamo tutti, ma perché funzioni deve esserci reciprocità, e qui lo sforzo lo stai facendo solo tu senza ottenere mai nulla in cambio, anzi, finendo per litigare con tutti quelli che ti vogliono bene e si preoccupano per te.

Lo sappiamo tutti che sei romantica e sei cresciuta con quei grandi classici in cui alla fine i buoni sentimenti trionfano nonostante le avversità, ma questo non è un film. Questa è la vita vera, e nella vita vera può capitare di innamorarsi delle persone sbagliate, può capitare di farsi guidare delle emozioni e poi ritrovarsi con un sogno che è diventato incubo. Nella vita vera, soprattutto, le persone che ti fanno del male finiranno per fartelo di nuovo, per quanto tu possa impegnarti, per quanto tu possa essere convinta di poterle cambiare, le persone non cambiano.

Non sono qui per farti una ramanzina, e nemmeno per rinfacciarti le volte in cui tutti noi che ti conosciamo abbiamo cercato di farti vedere ciò che da fuori era chiaro a chiunque; sono qui per offrirti supporto, perché ho sempre creduto in te e so che puoi stare meglio, fare meglio, essere meglio di così. Insomma, ci conosciamo da quanto? Anni? Decenni? Se ora sono qui con l’aria preoccupata a pesare le parole è per il tuo bene, anche se dovrò dirti cose che non ti piaceranno ma, diavolo, se non possiamo essere sinceri tra noi che ci stiamo a fare qua?

Ok, sei pronta? Ora facciamo come per la ceretta, uno strappo e via, farà male ma è necessario. Fai un bel respiro, trattieni il fiato e guardami negli occhi: Michela Murgia ti sta facendo gaslighting.

Pensaci: in tutti questi anni, quante volte ti sei azzardata a darle torto? Quante giustificazioni acrobatiche hai dovuto inventare per quelle uscite infelici in pubblico? Quante volte gli astanti ti hanno guardato con l’incredulità di Nanni Moretti di fronte a D’Alema? E poi ogni volta giorni, settimane, mesi a sentirti sbagliata, a non sapere più chi sei, dove stai andando e che ne sarà di te, a chiuderti in casa cercando di non farti schiacciare dall’angoscia e uscire solo nelle occasioni mondane, con gli occhiali da sole per non mostrare gli occhi gonfi, le frasi di circostanza buttate lì per fingere risolutezza e una patrimoniale, una questione di principio o un’armocromista sempre in tasca per sviare l’attenzione in caso di necessità.

Non ti giudico, non l’ho mai fatto, ma devi renderti conto che quella persona non ti sta solo usando, sta facendo qualcosa di peggio. Se si trattasse soltanto dell’ennesimo affabulatore che una volta ottenuto quel che vogliono tutti se ne va lasciando il letto sfatto, e tutt’al più facendo battute sulla tua ingenuità e il tuo desiderio di apertura per ridere con i suoi nuovi amici, non sarei così preoccupato. Insomma, sei sopravvissuta ai baffi di D’Alema, alle giacche sportive di Renzi, ai riccioli di Travaglio, ma questa è tutta un’altra situazione e non è per niente sana.

È un sospetto che si aggirava nei miei pensieri già da un po’, ma dopo quello che è successo il 2 giugno è divenuto una certezza, e probabilmente sotto quella patina di orgoglio, infatuazione e condizionamenti lo sai già anche tu. Guarda in faccia la realtà: quello era un saluto militare e non un gesto fascista, quel “decima” urlato non c’entrava con la X Mas, lo sai benissimo, smettila di ripeterti che se fossi stata più attenta avresti visto anche tu il pericolo nero nella parata, smettila di pendere dalle sue labbra, smettila di sentire di non essere mai abbastanza. Non è così. Quelle accuse sono la più plastica dimostrazione di ciò che diceva Abraham Maslow: “Se il solo strumento che possedete è un martello, vedrete in ogni problema un chiodo”, e tu ci sei cascata di nuovo.

Io ero lì a guardarti quando le accuse venivano mosse, quando venivano smontate dai fatti in pochi minuti (perché più grosse sono le cazzate, più velocemente crollano) e anche quando il giorno dopo arrivava il video in cui quella persona – invece di chiedere scusa, fare ammenda e ammettere disonestà intellettuale oltre che etica e professionale, invece di dimostrarti quell’amore per te che dice di provare ogni volta che i colpi che ti assesta ti lasciano il segno in mondovisione – si lanciava in mirabolanti supercazzole sull’antimilitarismo, sull’impatto delle immagini simboliche e sul perché alla parata per la festa della Repubblica invece che le forze armate dovrebbero sfilare artisti e poeti – e a ‘sto punto mettiamoci pure il mio panettiere che viene bene in TV.

Ero lì e speravo, pregavo, imploravo di vederti reagire, manifestare disaccordo, ribellarti, una cosa qualsiasi che mi ricordasse la lucida obiettività di cui eri capace un tempo, quando il dibattito interno – soprattutto quello acceso – era un distintivo da mostrare in barba ai sondaggi e non uno spettro da evitare per non fare briciole. Invece no. Hai messo di nuovo tutto ciò che sei in un cassetto chiuso a chiave e hai iniziato ad annuire, a dire che sì, forse, può essere che, ma se La Russa se la rideva allora era una cosa da fasci, e comunque il percepito è importante, e adesso basta con le parate militari, e per favore smettetela di farmi vedere la realtà, non capite che poi mi fa sentire in colpa, dice che non sono abbastanza di sostegno e io ci sto male, e poi lo sapete che ha una malattia grave, siete delle persone orribili.

Guardami, non fare così, sono sempre io, quello che il 25 aprile si sveglia con le parole di Pajetta in testa e i Modena City Ramblers nello stereo, quello a cui hai insegnato il materialismo dialettico, quello che rideva insieme a te di fronte ai salti mortali di Bondi e Fede quando Berlusconi le sparava grosse, quello che non avrebbe mai immaginato di vederti diventare come Bondi e Fede. C’ero prima, ci sono adesso e ci sarò dopo. Io sono sempre io, e tu devi tornare a essere tu; non per me, non per gli altri, ma solo per te stessa.

Stare con quella persona ti sta distruggendo, non puoi più permetterlo. Chi ti ama non ti usa. Chi ti ama non ti fa dubitare della realtà. Chi ti ama non ti costringe a giustificare i suoi errori. Chi ti ama non ti annichilisce. Chi ti ama non ti supercazzola.


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