Mamma mi ci vuol la libreria

La disciplina di Sangiuliano, il mio comodino e gli Articolo 31

Ogni volta che faccio le pulizie in camera da letto guardo il mio comodino e faccio la stessa battuta tra me e me ridendone da solo: “meno male che non è dal lato della finestra, altrimenti sarebbe di 2 colori”. Sì, lo so, così non si capisce; per capirla dovreste vedere il mio comodino, la quantità di libri che ci staziona sopra da anni, percepire l’eventuale scolorimento dovuto al sole, e trovare tutto ciò divertente.

Questo per dire che faccio parte di quella categoria di persone che si definisce “lettore accanito”; tutta colpa di un vecchio romanzo per ragazzi che lessi a 10 anni, di Piero Angela e probabilmente di Nick Hornby, ma sto divagando. Sono un lettore accanito, dicevo, e come tutti i lettori accaniti ho dei tic; il primo è il più classico: quello della bulimia letteraria, che mi spinge a comprare libri in continuazione a prescindere da quanti altri ce ne siano a casa in attesa di essere letti e se vivrò abbastanza per leggerli davvero tutti; il secondo – altrettanto diffuso – è la competitività con gli altri lettori: non fatevi ingannare da frasi come “leggere è un piacere”, “ognuno ha il suo ritmo” e altre amenità che vedrete piovere nelle discussioni sull’argomento; quelle sono frasi di circostanza, ma nella realtà teniamo il conteggio dei libri letti come Paperon De’ Paperoni teneva il conto delle monete nel deposito: averne più di Rockerduck non è per nulla secondario.

Il terzo tic è quello che mi riporta al ministro Sangiuliano: il bisogno di disciplina. Nei giorni scorsi, durante non so quale festival di non so quale città, il ministro della cultura ha parlato della necessità di incentivare la lettura, “soprattutto per i giovanissimi” (perché stava parlando a una platea di vecchi), e siccome viviamo in un’epoca idiota in cui le influencer che raccontano la loro esperienza con una crema sono più ascoltate dei chimici che la analizzano, ha dovuto infarcire un obiettivo di per sé condivisibile con l’esperienza personale, e così ha raccontato di come lui stesso si senta un “fanatico” dei libri e che “nel mio piccolo mi sono imposto di leggere un libro al mese, è una questione di disciplina”. Poi ha tirato in ballo l’andare a messa la domenica mattina e ha promesso che lo Stato donerà un libro per ogni nascituro – grazie del pensiero, ministro, quando i suoi colleghi hanno tempo servirebbero anche pannolini e asili nido – ma non perdiamoci in quisquilie.

L’ilarità generale dopo le dichiarazioni del ministro si è divisa in due grandi tronconi: da una parte quelli che sfottevano Sangiuliano perché legge solo un libro al mese (ricordate “leggere è un piacere”, “ognuno ha il suo ritmo” e tutto il resto? Che si fottano, quello legge solo un libro al mese, è uno sfigato) e dall’altra quelli che “è mai possibile che un ministro della cultura si debba imporre di leggere i libri?”.

Tralasciando la solita illogica convinzione che un funzionario debba essere immerso personalmente in un ambito come un appassionato qualsiasi invece che avere le competenze di un professionista – la stessa idiozia che ha portato i 5 stelle in Parlamento e Vieri e Cassano ad avere un programma in Rai, ma cerchiamo di restare sul pezzo – ho trovato ridicolo che si sfottesse uno che dice di doversi imporre un metodo per leggere. È quello che facciamo tutti.

Chiunque vi dica che legge costantemente senza alcuna fatica vi sta dicendo una castroneria abnorme; per leggere costantemente ci vogliono metodo, impegno e dedizione, prima ancora del tempo materiale per farlo. Non a caso, se provate a chiedere come fare per mantenere il ritmo di lettura vi arriveranno decine, centinaia di suggerimenti, metodi, trucchi e chissà cos’altro. Ognuno ha il suo stratagemma; il mio, ad esempio, è quello di tenere letture aperte di più libri di generi diversi contemporaneamente, così qualunque sia il mio umore quando mi metto a letto troverò un genere che mi aggrada; per questo ne ho un quintale sul comodino.

Nella vita di un lettore ci sono periodi di magra in cui non si ha voglia di leggere, non si riesce a decidere quale libro cominciare, perfino periodi in cui la sola vista di un libro infastidisce. L’immagine romantica del lettore che è felice solo annusando la carta ruvida e che ogni giorno dell’anno non vede l’ora di tornare a casa per leggere è realistica quanto l’idea di rilanciare la lettura regalando i libri ai neonati.

Noi lettori dovremmo chiedere scusa a Sangiuliano. Non per le battute – quelle se son buone vanno sempre bene – ma perché il nostro quarto tic, quello di sentirci in qualche modo padroni della letteratura e tenutari di chissà quale sacro codice della cultura, ci ha fatto decidere che imporsi delle letture sia una mossa da sfigati buona per gli sfottò e non un atto pratico da incentivare.

Leggere è un piacere ma è anche “sangue e merda”: è un’attività molto impegnativa e abbandonarla è tanto facile quanto lasciar perdere la dieta e cadere nel vortice dei carboidrati; facile quanto stare sul divano a lasciar scadere l’abbonamento in palestra; facile quanto cedere a “questo andazzo da funky-gigolò” della prima strofa di quel pezzo degli Articolo 31 in cui J-Ax diceva che gli ci vuol la fidanzata “perché io devo mettere la testa a posto”, e che “ci vuole un po’ di disciplina, che mi obblighi a svegliarmi presto la mattina” – chissà perché, forse per andare a messa con Sangiuliano.


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